«Avvento» non significa, ad esempio, attesa,
come si potrebbe pensare, ma è la traduzione della parola greca «parusia», che
significa «presenza» o, meglio ancora, «arrivo», cioè presenza iniziata …
L’Avvento ci ricorderà perciò due cose diverse: anzitutto, che la presenza di
Dio nel mondo è già incominciata, che egli è misteriosamente presente; in
secondo luogo, che la sua presenza è appena iniziata, non è ancora completa:
essa deve ancora crescere, divenire, maturare
(J. Ratzinger, Dogma e Predicazione, BTC 19, Brescia
1974, pp. 303-304).
Mi servo così di un pensiero autorevole per giustificare
la scelta di proporvi nelle quattro domeniche di Avvento una riflessione sui
Vangeli della Solennità del Natale, a partire dalla messa Vigiliare, a quella della
Notte, fino ai due proposti per la liturgia del Mattino. Un modo per vivere fin
da subito il senso di questa ‘presenza’ che oggi incomincia nuovamente.
Dopo un incidente automobilistico con la sua Ferrari il
giovane Kavinsky è costretto ad un’esistenza da zombie. Apparentemente nulla è
cambiato se non che per lui il tempo si è irrimediabilmente fermato in quel
punto di non ritorno. Dire come stanno le cose alla propria fidanzata diventa
terribilmente complicato.
Questo, più o meno – secondo le stesse parole dell’autore,
Vincent Belorgey- ciò che descrive il brano Nightcall,
uscito in un EP omonimo nel 2010, ma che ripropongo qui nella recente versione
dei London Grammar. Il terzetto
inglese sembra destinato ad accalappiare l’interesse degli adolescenti più
inquieti, se non altro per il titolo del singolo con cui hanno fatto breccia
“Wasting my young years” (dall’album If
You Wait, 2013), che racconta con pathos leggiadro le vicissitudini di
una relazione in crisi.
La “chiamata notturna” ‘coverizzata’ da questi
giovanissimi è accompagnata da un video molto suggestivo. Una melodia
straniante, sottolineata meravigliosamente dalla voce della statuaria
interprete è immersa in uno scenario di nebbia e tenebre, vuoto interiore e isolamento. Un’immagine perfetta per
descrivere lo stato d’animo che attanaglia certa adolescenza, quando non è raro
sentirsi come uno zombie, prigioniero di un’identità (e di un corpo) da
accettare nonostante tutto. Così il
teenager si trasforma in una creatura solitaria e introversa che cammina sul
filo del rifiuto e della ribellione. Ben altri traumi, forse meno spaventosi di
un incidente automobilistico, attraversano la vita ad ogni età. Specialmente
quell’età. Famiglie frantumate, incomprensioni, vergogna, la difficoltà di
relazionarsi con gli altri e con il mondo.
Sto per farti una chiamata notturna/ per dirti come mi sento./ Ti porto
in macchina attraverso la notte giù per
le colline./ Sto per dirti qualcosa che non vuoi sentire./ Sto per mostrarti
dov’è buttato, / ma non avere paura./ C’è qualcosa dentro di te/ che è
difficile da spiegare./ C’è qualcosa dentro di te/ che è difficile da spiegare,/
ma tu sei sempre lo stesso…
Qualcuno, in casi limite, può vivere davvero come uno
zombie, prigioniero di un’identità costruita sulle ‘cose’, su una meccanica
dell’accumulo e della collezione che lo anestetizzano da sé stesso. «Io sono disposta a fare questa cosa, perché secondo
me questo è il prezzo da pagare per tutte le cose che vogliamo noi». È l’ammissione
– reale, purtroppo- di una tra queste creature morte a sé stesse, disposte
anche a svendersi per ciò che è inconsistente. «Certo – diceva il papa ai
giovani riuniti a Copacabana per la GMG - l’avere, il denaro, il potere possono
dare un momento di ebbrezza, l’illusione di essere felici, ma, alla fine, sono
essi che ci possiedono e ci spingono ad avere sempre di più, a non essere mai
sazi. E finiamo “riempiti”, ma non nutriti».
La vicenda che ci racconta il Vangelo della
messa vigiliare di Natale è immerso in un’atmosfera di sogno. Non si tratta di
un incubo, ma Giuseppe non doveva sentirsi troppo bene. Meditava in cuor suo
come respingere la giovane fidanzata e non rassegnarsi ad una vita da zombie. I
suoi antenati Michelangelo li ha raffigurati sulle pareti della Cappella
Sistina tutti mezzi addormentati, alcuni quasi annoiati, sprofondati in un’attesa
secolare, altri eternati in pose decadenti. Chissà se Giuseppe si sentiva
schiacciato da questa genealogia lunga mezza pagina, popolata di personaggi
illustri e tipi meno esemplari. Il suo
sembra il dramma di un’esistenza non destinata a generare la vita, ma soltanto
a subire quella altrui. Chiuso nella sua solitudine -seppure saldo nella giustizia-
Giuseppe sperimenta la difficoltà di convivere con i propri fantasmi e il peso
di prendere decisioni. I pensieri che turbano il suo sonno e rendono incerto il
da farsi però, appartengono soltanto a lui.
L’angelo, infatti, rivela a Giuseppe di
guardare le cose da un’altra prospettiva. Da Dio arriva la notizia che si può
superare il dramma di ‘non sapere come fare a’, del ‘non saper accettare che’,
del ‘chiudersi in sé’. L’esistenza ha una svolta inaspettata che la libera dal passato
e della difficoltà di leggere gli eventi: «Giuseppe,
figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il
bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un
figlio e tu lo chiamerai Gesù».
Per
Giuseppe è il momento in cui si diradano le nebbie ed è possibile aprirsi ad
una maturità che realizza la vita e la propria vocazione. È una pienezza di
vita e libertà a cui accenna anche il videoclip dei London Grammar, quando tra le nebbie appare una mandria di cavalli raccolti
in un pascolo inquieto. Pur nella nebbia prendono il passo e si lanciano nella
corsa, in aperto contrasto con l’algida rigidità dei personaggi umani e dei tre
giovani rockers.
Gesù arriva nella storia per liberare la nostra vita dalle oscurità. Non c’è trauma o incidente che egli non possa raccogliere o sanare: «egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» …Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.
Con Gesù tutto cambia, il nostro
presente, ma anche il nostro passato che è ora inserito in un cammino di
salvezza, in una storia attraversata - anche nelle sue tenebre - dalla promessa
e della misericordia di Dio (14 generazioni da Abramo a Davide, 14 da Davide
alla deportazione in Babilonia, altre 14 dopo la deportazione).
«Coloro
che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal
vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la
gioia.» (Francesco, Evangelii Gaudium, 1).
Di un altro ‘chiamata notturna’ ci
racconta proprio il Natale: non zombie, ma angeli gioiosi portano agli uomini
messaggi inaspettati.