Bronzino, Sacra Famiglia Panciatichi, olio su tavola, Galleria degli Uffizi (1541 circa)
Una recente mostra dedicata al pittore fiorentino Agnolo di Cosimo detto Bronzino, comprendeva tra i dipinti più belli e rappresentativi una sacra famiglia dipinta per la famiglia Panciatichi (lo stemma è riconoscibile in alto in una bandiera sventolante).
Nella tavola campeggia una scultorea figura della Vergine, giovane e bella come una statua greca: greco il profilo del volto e astrattamente scultorea l’acconciatura, con i capelli raccolti all’indietro in un volume compatto che ricorda Prassitele. Le tonalità diafane e adamantine della carne richiamano, d’altronde, la consistenza e la luminosità della pietra dura, tipica del Bronzino. Ma la Vergine, inscritta in un panorama roccioso e scosceso quale vera “fortezza inespugnabile”, al pari di quella riprodotta in alto in secondo piano, volge lo sguardo in basso, verso Gesù Bambino che riposa.
Gesù è disteso per terra, dove dorme placidamente sotto lo sguardo attento di Maria e Giuseppe, per nulla disturbato dall’abbraccio di San Giovannino che si accosta per baciarlo devotamente. Il bambino poggia i piedini su una roccia ben visibile in primo piano. Un particolare che rimane singolarmente impresso, non soltanto per il contrasto tra le carni tenere e delicate e la superficie dura e non dirozzata del sasso (su cui è visibile anche la firma del pittore). Potrebbe venire in mente un brano di Isaia (51,1) “Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti”. La prossimità con la roccia e la petrosa ambientazione della tavola sembrano suggerire un’immagine già presente nel Deuteronomio (32,4): “Egli è la Roccia: perfette le sue opere”.
Ma più ancora che con questi brani è la liturgia di Domenica a propormi consonanze con questo dipinto. Il Salmo responsoriale è scandito dal ritornello che recita: “Sei tu Signore, per me una roccia di rifugio”.
“Tendi a me il tuo orecchio, vieni presto a liberarmi” E in effetti l’orecchio del Bambino è in piena evidenza, sotto lo sguardo raccolto del devoto che in preghiera contemplava il dipinto guidato dal gesto intimo e confidenziale di Giovannino.
“Sii per me una roccia di rifugio, un luogo fortificato che mi salva”. La rocca sulla cima, nonostante alcune proposte, non è identificabile e sembra sviluppare l’immagine biblica rinforzata dal versetto successivo: “perché mia rupe e mia fortezza tu sei, per il tuo nome guidami e conducimi”. E il percorso sembra dipanarsi, nel dipinto poco sopra i piedi di Gesù bambino, dove un sentiero si insinua tra le balze e conduce in città. “Sul tuo servo fa’ splendere il tuo volto”. Così prosegue la recita del salmo e forse anche la finissima pittura del Bronzino, che descrive il volto di San Giovannino con uno stupendo gioco chiaroscurale e lo illumina di riflessi rosati.
Il Vangelo di Matteo ribadisce l’alternativa tra la casa fondata sulla roccia e quella costruita, pur nel nome di Dio, soltanto dall’uomo per l’uomo.
“Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia”.
E’ facile, a questo punto, cadere nella tentazione di leggere il brano evangelico tenendo in mente le nubi gonfie e oscure dipinte dal Bronzino sullo sfondo, immaginando il vento che spazza la cima e agita la bandiera della rocca salda e compatta. Ma chi ha il suo fondamento in Cristo che cosa può temere?
Forse la spiritualità dei committenti, Bartolomeo Panciatichi e la moglie Lucrezia, che era ispirata, secondo gli esperti, alle idee riformate, avrebbe gradito il brano tratto dalla lettera ai Romani di San Paolo.
“Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, per mezzo della redenzione che è in Cristo Gesù. E’ lui che Dio ha stabilito apertamente come strumento di espiazione, per mezzo della fede, nel suo sangue”.
Gesù bambino, così profondamente addormentato e disteso sulla pietra, non avrà mancato di richiamare loro la Passione e preannunziare con questa posa la deposizione nel sepolcro.
“L’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della Legge”. La seconda lettura ci offre la chiave per comprendere meglio il Vangelo, non già in senso valdese o luterano. A prima vista, in realtà, i due brani sembrerebbero quasi dissonanti. Riporta infatti Matteo: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un saggio”.
Non sono in grado di affrontare una spicciola teologia della grazia, ma mi basta far tornare alla mente le parola di un “santo” dei nostri tempi: “Scegliere Dio e non le opere di Dio!” (cfr. F.X. Van Thuan, Cinque pani, due pesci) Così ripeteva François Xavier Van Thuan, già vescovo di Saigon (Vietnam). Nel 1975, con il solo “bagaglio” di un rosario che aveva in tasca, venne inviato in un campo di rieducazione, dove rimase per tredici anni, nove dei quali in assoluto isolamento. All’improvviso, senza alcuna colpa, dovette lasciare tutto: la sua Chiesa, il suo lavoro pastorale, i suoi fedeli. Privato di ogni cosa, perfino della consolazione nella preghiera, Van Thuan cercò soltanto Dio, fino a lasciarsi completamente trasformare da Lui. E Dio lo rese più forte della roccia perché la sua testimonianza ha convertito molti suoi carcerieri e compagni di prigionia. La fedeltà a Dio, anche nell’oscurità del carcere, ha prodotto opere ancora più grandi di quelle forzatamente abbandonate. Una volta liberato la sua esperienza ha portato doni di grazia in tutto il mondo e alla chiesa: Giovanni Paolo II lo fece cardinale e recentemente è stato avviato il suo processo di beatificazione a soli 8 anni dalla morte.
Essere fedeli alla Parola di Dio, custodirla nel cuore perché porti frutto, confidare soltanto in Lui senza anteporre la nostra volontà o i nostri propositi, pur buoni, ma inevitabilmente miseri e passeggeri accanto a quelli di Dio.
Briciole che raccolgo dalle lettura di questa Domenica che precede l’inizio della Quaresima, ma che possiamo fare nostre per iniziare bene questo tempo forte dell’anno liturgico. Ancora una volta me lo suggerisce il Bronzino (che certo mi perdonerà se ho scavalcato i suoi pensieri e quelli dei suoi committenti). La Vergine stende la mano sul libro chiuso, meditando in cuor suo ciò che ha appena pregato. Anche San Giuseppe contempla silenziosamente il suo Bambino, lui che “fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore” e dopo l’ascolto “prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù” (Matteo 1, 24-25).
IX Domenica del Tempo Ordinario | Letture
Prima lettura: Dt 11,18.26-28.32
Salmo 30 (31)
Seconda Lettura: Rm 3,21-25a.28
Vangelo: Mt 7,21-27
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