venerdì 26 aprile 2019

Vivere da risorti

Scoccata l’ora della Pasqua suona la campanella della ricreazione: i fioretti si sciolgono, si spalmano di nutella le fette di pane, evapora la tensione spirituale, la mortificazione lascia il passo al fermento primaverile. La festa chiede necessariamente una celebrazione integrale, in anima e corpo. Eppure al volgere della sera di Pasqua, sera del dì di festa, la Pasqua chiede ancora di essere celebrata. L’ottava di Pasqua prolunga di una settimana la memoria dell’evento che ha cambiato la storia, ma che forse attende ancora di cambiare il nostro cuore.

E non c’è solo l’ottava, ma un tempo di Pasqua che si prolunga per cinquanta giorni fino alla Pentecoste. Se i quaranta giorni della Quaresima sembrano un’eternità, i cinquanta giorni del tempo pasquale filano via senza colpo ferire. Vivere la Quaresima è tutto sommato più facile, forse perché ci sentiamo più protagonisti: noi con le nostre colpe, i nostri guai, le nostre ferite e fratture interiori; noi con i nostri buoni propositi e le nostre piccole e grandi mortificazioni. Certamente e sinceramente di fronte al Signore, chiamati a meditare la sua passione e individuare la nostra pista di conversione. Ma il tempo pasquale ci ripresenta il primato di Dio, il suo protagonismo nella nostra vita, la sua presenza dentro e attorno a noi, nella Chiesa pellegrinante e in quella celeste.
 

Il tempo di Pasqua ci parla della forza dirompente della resurrezione di Cristo nelle passioni della storia, dell’azione dello Spirito nella vita dei credenti. Papa Francesco ci ha messo in guardia: «Ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua» (Evangelii Gaudium, 6), perché in fondo la Pasqua è più “difficile”, tutta divina; la vita da risorti è principalmente opera dello Spirito Santo in noi. Ma quanto è difficile vivere da risorti! Il tempo del miserere ci torna meglio del tempo dell'alleluia. Una fatica condivisa anche dai discepoli, perché non c’è racconto della resurrezione in cui non ondeggino tra paura e incredulità, delusione o incomprensione. C'è bisogno dello Spirito Santo per arrivare a dire, con Paolo «Io vivo, ma non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal 2,20).

Alla sera del giorno di Pasqua, come alla sera di ogni giorno da cristiano, può insinuarsi la sensazione che le tenebre inghiottano di nuovo l’esistenza. L’ora della sera, “the blue hour” (l’ora blu, dicono gli inglesi), in cui il giorno si stempera è il momento in cui tra i grandi sale la malinconia per le cose e le allegrezze del mondo che passano. Per i più piccoli è il momento in cui cala la notte, arriva il buio che inghiotte le cose, anche gli angoli più noti di casa, e monta la paura. 
Come si fa a vivere la Pasqua nell’ora della sera?

Alla creazione la sera e la mattina custodiscono ancora l’inquietudine primordiale per cui tutte le cose possono ripiombare nel disordine, perdersi nuovamente nel caos originario. Ma la genesi recita: «e fu sera e fu mattina»: nello scandirsi del tempo è iniziato qualcosa di nuovo. Alla sera, al momento in cui le tenebre sopravanzano il giorno e la luce - prima tra le creature di Dio-  è già possibile contare l’inizio di un nuovo giorno. Alla notte succede la mattina, in cui la luce torna a riportare ordine e tutto riprende il nome di cosmo perché d’ora in poi non ci sarà più confusione di elementi, come quando «la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso» (Gn 1,2).


«The blue hour» è anche il nome di un recente album degli Suede, storica rock band britannica, che continua a sfornare dischi degni di nota. L’ora blu di cui si parla, a detta della band, è l’ora in cui la preoccupazione per un bambino scomparso si trasforma in angoscia perché cala la notte. L’ora blu è dunque il punto in cui si avverte di smarrire definitivamente la propria infanzia e la propria giovinezza, con il suo carico di gioia e di sogni.

Cosa succede quando tutto è inghiottito dalla luce blu della sera? Un brano dell’album, “life is golden”, accenna una possibile risposta.

«Non sei solo, guarda il cielo e stai tranquillo/ Non sei solo, guarda la luce sei ascoltato/ non sei solo, la tua vita è d’oro (…) non sei solo; quando il mondo riversa in te tutto l’inverno/ non sei solo; sono lì con le parole che usi/ Non sei mai solo; la tua vita è d'oro/ E se non ti ameranno stanotte/ continua a battere le mani per la resurrezione/ Scolpisci il tuo nome nella mia tenera pelle/ Con le tue parole meravigliose/ con le tue, le tue parole meravigliose//».

La vita dei risorti è una vita d’oro. 
Ed è proprio quando cala la sera dei giorni qualunque che si misura la tua vita da risorto. È la vita da risorto che conduce il cristiano attraverso le tenebre del mondo, che fa attraversare ai cristiani della prima ora come di oggi, la persecuzione e l’ostilità del mondo. Lo si vede nei santi e nei martiri di ogni tempo nei quali la vita divina trasforma l’esistenza per farla brillare di una luce e di una vita che mai si spegne.

La vita dei risorti è la vita redenta e ricreata che la Quaresima ti invita a cercare e accogliere da Cristo risorto. Proprio quella che ti ha consegnato il battesimo e che forse non ti sei ancora accorto di custodire.


Il video che accompagna “life is golden” è stato girato presso Chernobyl. Descrive con grande suggestione come dopo trentanni (il 26 aprile ricorrevano 33 anni esatti), nonostante le conseguenze del disastro nucleare, la natura si sia lentamente riappropriata di ogni cosa, riconquistando centimetro dopo centimetro gli spazi deserti di una città fantasma. Il video, girato nella città di Pripyat, presso Chernobyl «non intende raccontare la tragedia del disastro accaduto tanti anni fa –precisano gli Suede-, ma parla della forza inarrestabile della vita che si è ripresa il desolato paesaggio lasciato dagli esseri umani. Ci è sembrato meravigliosamente calzante per adattare la canzone al cemento incrinato, ormai tutto conquistato da imponenti alberi d'oro».  

In effetti non c’è disastro che da “risorto” tu possa attraversare come prima. Non c’è passato o tristezza che possa trattenerti. «D’altra parte, - ci ricorda Papa Francesco nella sua Christus vivit- Gesù è risorto e vuole farci partecipare alla novità della sua risurrezione. Egli è la vera giovinezza di un mondo invecchiato ed è anche la giovinezza di un universo che attende con «le doglie del parto» (Rm 8,22) di essere rivestito della sua luce e della sua vita. Vicino a Lui possiamo bere dalla vera sorgente, che mantiene vivi i nostri sogni, i nostri progetti, i nostri grandi ideali, e che ci lancia nell’annuncio della vita che vale la pena vivere».