venerdì 7 ottobre 2022

Tornare al cuore dall'orlo della catastrofe

Dentro ci sono alcuni punti fermi della sua poetica, ma in una lettera scritta a macchina per lanciare il suo ultimo album sono soprattutto illustrati, con acume e sensibilità poetica, alcuni tratti dolenti del nostro tempo. Weyes Blood, nome d'arte di Natalie Laura Mering, sofisticata cantautrice americana che ha sfornato uno dei più  bei dischi degli ultimi anni (Titanic Rising, Sub Pop 2019) abbozza così, tra strategia promozionale e genio artistico, una tagliente riflessione.

«La nostra cultura - scrive - si basa sempre meno sulle persone. Questo genera un nuovo, inedito livello di isolamento. La promessa di poter comprare la nostra via d’uscita da questo vuoto offre poco conforto di fronte alla paura con cui tutti conviviamo: la paura di diventare obsoleti. C’è qualcosa che non va, e anche se la sensazione appare diversa per ogni individuo, è universale».

La preoccupazione per una tecnologia sempre più invasiva e distraente non è nuova per Weyes Blood. L'iper isolamento dovuto alla pandemia ha poi acuito questa sua (e nostra) consapevolezza. Così, nella sua lettera scritta a macchina, sottratta alla facilità del copia e incolla, redatta nel ritmo lento e soppesato di lettere impresse sulla carta una volta per tutte, parla di una tecnologia che distrae l'uomo da sé stesso, spingendolo a cercare "fuori" quanto avrebbe bisogno di trovare dentro di sè. Eppure anche Sant'Agostino diceva qualcosa del genere: Noli foras ire, in te ipsum redi (non uscire fuori di te, ritorna in te stesso). E forse Gesù intendeva qualcosa di ancora più semplice quando raccontava del figliol prodigo che «rientrò in se stesso», o quando parlando ai discepoli li spingeva a «cercare il cibo che rimane» o incontrando la Samaritana la portava all'acqua viva passando dalle sue inconsistenze. 


Il video che accompagna il singolo di lancio "It's Not Just Me, It's Everybody" offre uno sguardo distopico, ma neanche troppo, sulla realtà. 

Natalie Mering, descritta con quell'estetica fin de siècle che già respira i fumi della catastrofe, danza un grottesco balletto in un vecchio ed elegante teatro disseminato di cadaveri. Sul palco uno scenario di distruzione, una Guernica di morti e rovine in cui balla e canta in veste di marinaio. Una nave che affonda? Un modo per ricordarci che siamo tutti sulla stessa barca? Teatro o realtà? Un piccolo smartphone ballerino le contende la scena e si nutre dei cadaveri. La tecnologia ruba all'uomo il proprio posto sulla scena del mondo, ne divora la vita. Una bomba, nel tempo in cui la minaccia nucleare si riaffaccia prepotentemente, è pronta a schiantarsi sulla scena, sospesa nel vuoto a un passo dal palco.

Il testo del brano è accompagnato da un ritornello che dà nome anche alla canzone: «non sono io, siamo tutti». Un'espressione di ispirazione buddista che serve alla Marling per parlare dell'interconnessione che lega ogni creatura e cantare la comunione nel tempo dell'isolamento: «tutti sanguiniamo allo stesso modo»; per poi invocare, su tutti, misericordia. 


Oltre la messinscena straniante e grottesca del video, oltre il tentativo di gettare luce sul «nostro disincanto contemporaneo», nella sua lettera scritta a macchina c'è l'invito a riconoscere nel cuore, cifra dell'umano, con i suo ritmi originari e il suo continuo bussare alle porte delle nostre distratte esistenze, «una guida», «una sorgente di speranza», una luce «che splende in questi tempi oscuri».

Se dunque guardassimo dentro noi stessi, nel nostro cuore, cosa troveremmo?


Vivendo nella scia di cambiamenti troppo grandi
siamo diventati tutti estranei
perfino a noi stessi
Non possiamo farne a meno
Non riusciamo a intendere da lontano
che ogni onda potrebbe non essere la stessa
ma che fa tutto parte di qualcosa di grande

La misericordia è l'unica
cura per il nostro essere così soli
Mai un tempo è stato più capace di rivelare
che le persone si stanno facendo del male
Oh, non sono solo io
Immagino che siano tutti
Sì, sanguiniamo tutti allo stesso modo


Sitting at this partyWondering if anyone knows me
Really sees who I am
Oh it’s been so long since I felt really known
Fragile in the morning
Can’t hold on to much of anything
With this hole in my hand
I can’t pretend that we always keep what we find
Yes everybody splits apart sometimes

Living in the wake of overwhelming changes
We’ve all become strangers
Even to ourselves
We just can’t help
We can’t see from far away
To know that every wave might not be the same
But its all apart of one big thing

Oh it’s not just me, it’s not just me
It’s not just me, it’s everybody

Mercy is the only
Cure for being so lonely
Has a time ever been more revealing
That the people are hurting
Oh it’s not just me
I guess it’s everybody
Yes we all bleed the same way