giovedì 24 novembre 2011

SEGNALAZIONI STONATE 2.0 | I° Domenica di Avvento 2011

Si può iniziare l’avvento con un Requiem?
E’ tempo di avvento: il Signore viene, il Signore è vicino, dunque: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento”.
Un Vangelo così ci mette con le spalle al muro. Ma che vuol dire “vegliare?”
Come si fa a stare attenti? Il brano non dice molto di più sul ritorno del Signore:

«E’ come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Quando si invecchia o ci si accosta alla morte è più facile comprendere cosa significhi vegliare. Veglia, ad esempio, chi si è preparato tutta la vita all’incontro con il Signore, accogliendolo ogni giorno nei segni con cui si fa presente.
Una volta ho visitato un sacerdote alla fine dei suoi giorni: aveva il sorriso sulle labbra e la luce negli occhi. Era pronto. Aveva vegliato come il servo buono e fedele per tutta la vita nella prosa di ogni giorno. Un altro anziano sacerdote nel momento dell’agonia pregava spezzoni di preghiera, ora in italiano ora in latino. Dal fondo dell’animo, inconsciamente, riaffioravano le preghiere della giovinezza, custodite e recitate per tutta la vita. Anche lui vegliava, anche lui era pronto. 

Anche mia nonna veglia. Non si ferma un istante: sempre al lavoro, sempre a servire, sempre attenta e fedele nella sua semplicità contadina. Perseverante nella sofferenza e nella gioia, nella forza e nella debolezza.


Ha messo insieme tutta la sua gioia quando ha sorriso / ha sofferto tutta la sua gioia quando ha pianto ..
Si è affidato a un potere più alto / ha tenuto stretto il suo potere come un santo graal/ ha messo insieme tutta la sua fede nel successo /ha sofferto tutta la sua fede nel fallimento / Il suo cuore era più forte di una pallottola d’acciaio/ ed è per questo che gli dedico questa canzone / era un brav’uomo e ora non c’è più
  
Sono i versi di M.Ward, talentuoso folk-singer dalla voce un po’ così, che ha realizzato nel corso di un decennio una manciata di album memorabili. Il brano, “Requiem”, accompagnato da questo calzante videoclip, è estratto dall’album “Post-War” (2006).
Le parole di M.Ward richiamano le tensioni tipiche dei salmi, ma d’altronde la musica sacra, quella gospel, dice di averla nel sangue, assorbita fin dal grembo materno e in chiesa durante l’infanzia.

“Requiem” potrebbe essere la canzone per il nonno che non c’è più. Non abbiamo indicazioni precise, ma credo che possa aiutarci a sintonizzarci con il Vangelo di domenica. Forse, in questo senso, si può iniziare l’Avvento anche con un Requiem.

giovedì 10 novembre 2011

Se Assisi non fa notizia..

Il 27 ottobre scorso si è svolta ad Assisi la giornata di dialogo e preghiera tra gli esponenti delle religioni ed il Santo Padre Benedetto XVI. 25 anni fa il primo incontro di Assisi fece storia, oggi l’evento è scivolato sui giornali tra le notizie di secondo piano. Su “La Repubblica” era sommariamente raccontato a pag. 23 (appaiato ad un articolo sulle polemiche per uno spettacolo considerato blasfemo da cattolici oltranzisti).  Forse il sistema mediatico non è molto interessato alle buone notizie e agli sforzi per la pace, di sicuro nutre un rapporto controverso con le iniziative e le parole del Papa (è fresco fresco questo bell’articolo dell’Osservatore Romano che ce ne ripropone una storia http://www.osservatoreromano.va/portal/dt?JSPTabContainer.setSelected=JSPTabContainer%2FDetail&last=false=&path=/news/cultura/2011/260q11-Attualit--dell-inattuale.html&title=%20%20%20Attualit%C3%A0%20dell%E2%80%99inattuale%20%20%20&locale=it# ) .
Ad Assisi, sulla scia di quanto già pronunciato nel viaggio in Germania, il Papa ha invitato anche i non credenti, “cercatori di Dio”  più o meno consapevoli, ad impegnarsi per la pace.  È utile leggersi la coda del suo intervento:
L’assenza di Dio porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo. Ma dov’è Dio? Lo conosciamo e possiamo mostrarLo nuovamente all’umanità per fondare una vera pace? (...)
Accanto alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio. Persone del genere non affermano semplicemente: “Non esiste alcun Dio”. Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui. Sono “pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Pongono domande sia all’una che all’altra parte (…).
 Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta. Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo a noi credenti, a tutti i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile.
Per questo ho appositamente invitato rappresentanti di questo terzo gruppo al nostro incontro ad Assisi, che non raduna solamente rappresentanti di istituzioni religiose. Si tratta piuttosto del ritrovarsi insieme in questo essere in cammino verso la verità, dell’impegno deciso per la dignità dell’uomo e del farsi carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto. In conclusione, vorrei assicurarvi che la Chiesa cattolica non desisterà dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo. Siamo animati dal comune desiderio di essere “pellegrini della verità, pellegrini della pace”.

Nei giorni successivi ho avuto l’occasione di ascoltare dal Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, qualche riflessione sull’evento. Riporto di seguito una sintesi (un po’ riadattata) del suo intervento:

L’incontro di Assisi, come i due precedenti, è stato oggetto (forse anche un po’ ostaggio, nel suo svolgimento molto formale) di critiche di sincretismo o di accuse da parte di frange oltranziste. E’ bene sgombrare subito il campo da ogni malinteso è precisare che cosa si intenda con l’espressione “dialogo interreligioso”.
Una definizione da manuale si può recuperare nel documento “Dialogo e Annuncio” (1991) elaborato del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso : “Ogni tipo di relazione interreligiosa positiva e costruttiva con individui e comunità appartenenti ad altre fedi, che sia mirato alla muta comprensione e al mutuo arricchimento, nel pieno rispetto della verità e della libertà”.
Non si tratta dunque  di un dialogo tra religioni, ma tra credenti. Lo scopo è conoscersi, scambiarsi opinioni, arricchirsi, senza negare la propria fede e senza l’intenzione di fare proselitismo. Dialogare non significa rinunciare alla propria religione, ma lasciarsi interpellare dagli altri per arricchire la propria vita spirituale. 

Per portare avanti il dialogo interreligioso, inoltre, sono necessarie alcune condizioni
  •  Avere una chiara identità della propria fede
  •  Essere umili, riconoscere i propri errori
  • Capire il valore dell’altro
  • Cercare la pace, l’amicizia, l’armonia tra i credenti,
Quali sono le modalità del dialogo?
1. Dialogo della vita, le relazioni buone, il “buon vicinato”.
2. Dialogo delle opere che prevede collaborazioni in vista del bene comune in vari ambiti: assistenziali, caritativi, di impegno sociale e politico.
3. Dialogo teologico, quando è possibile.
4. Dialogo delle Spiritualità.

In tal proposito si può rimandare anche ad un testo fondamentale per la riflessione cattolica quale LUMEN GENTIUM, n. 16: “il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna “.

L’incontro di Assisi ha messo in evidenza una dimensione diversa dallo scontro violento, quella della preghiera, perché la preghiera è lo specifico che le religioni possono offrire. Le religioni, infatti, sono in sé fattori di pace e la pace è ricerca della verità. Per l’appuntamento di quest’anno il Papa ha invitato molti capi religiosi e uomini di buona volontà. La giornata ha avuto alcuni elementi chiave: la meditazione, il silenzio, l’incontro, ma la novità consisteva nella presenza di alcuni non credenti e agnostici. In tal proposito il Card. Tauran ha ricordato un passaggio del messaggio pronunciato dal Santo Padre all’Angelus del 1° gennaio 2011: “Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”.

Purtroppo all’incontro del 27 ottobre non c’è stata la possibilità di parlare insieme, ma c’è stato un grande rispetto gli uni verso gli altri e grande ossequio per la Chiesa. Tutti gli esponenti delle diverse religioni hanno sottoscritto l’impegno per la pace, mentre il desiderio di Dio è stato espresso fortemente anche dagli agnostici, rappresentati da uno stupendo intervento di Julia Kristeva. Ad Assisi si sono evidenziati temi e preoccupazioni condivise: il rispetto per la vita, la dignità della famiglia, la salvaguardia del creato, l’importanza della reciproca conoscenza.

Il Cardinale ha concluso il suo intervento con uno slancio di entusiasmo: “Avrete la fortuna di vivere in una società difficile! Dovrete annunciare il Vangelo nella sua radicalità. Occorre vivere il Vangelo nella sua radicalità, per fare la differenza. Ed occorre farlo uniti, come  comunità di credenti vivaci e consapevoli della propria fede”.

Cari “futuri preti del terzo Millennio”, avete capita l’antifona?

venerdì 4 novembre 2011

3 indicazioni per la Vita Sacerdotale

(dal vostro inviato a Roma)

Cari amici, 
stasera ho avuto l'occasione di partecipare ai Vespri per l'apertura dell'anno accademico della Facoltà Pontificie nella Basilica di San Pietro. 
Il Santo Padre, prendendo spunto dal 70° anniversario della Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali ha proposto una riflessione sulla vita sacerdotale. 

Ormai dieci anni fa, da giovane studente universitario, ho avuto la fortuna di partecipare, da "infiltrato", allo stesso appuntamento..oggi, l'ho rivissuto da seminarista iscritto all'Università Gregoriana! Con il Signore non mancano le sorprese!

Dieci anni fa Giovanni Paolo II rivolgeva agli studenti le seguenti (e stimolanti) parole: 


Lo studio della teologia e delle discipline ecclesiastiche è orientato all'evangelizzazione. Sappiate perciò apprendere un metodo rigoroso, affrontando con coraggio e generosità la fatica della ricerca, per sperimentare poi in prima persona l'incontro fecondo tra fede e ragione. Mediante queste "due ali" potrete avvicinarvi sempre più alla contemplazione della verità e farvi lieti compagni di viaggio per gli uomini del nostro tempo, spesso confusi e smarriti sulle strade del mondo

Oggi Benedetto XVI ha parlato così:


Vi sono alcune condizioni perché vi sia una crescente consonanza a Cristo nella vita del sacerdote. Vorrei sottolinearne tre, che emergono dalla Lettura che abbiamo ascoltato: l’aspirazione a collaborare con Gesù alla diffusione del Regno di Dio, la gratuità dell’impegno pastorale e l’atteggiamento del servizio.

Innanzitutto, nella chiamata al ministero sacerdotale c’è l’incontro con Gesù e l’essere affascinati, colpiti dalle sue parole, dai suoi gesti, dalla sua stessa persona
E’ l’avere distinto, in mezzo a tante voci, la sua voce, rispondendo come Pietro «Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69). E’ come essere stati raggiunti dall’irradiazione di Bene e di Amore che promana da Lui, sentirsene avvolti e partecipi al punto da desiderare di rimanere con Lui come i due discepoli di Emmaus - «resta con noi perché si fa sera» (Gv 24,29) e di portare al mondo l’annuncio del Vangelo (…) Il ministro del Vangelo allora è colui che si lascia afferrare da Cristo, che sa «rimanere» con Lui, che entra in sintonia, in intima amicizia, con Lui, affinché tutto si compia “come piace a Dio” (1 Pt 5,2), secondo la sua volontà di amore, con grande libertà interiore e con profonda gioia del cuore.

In secondo luogo, si è chiamati ad essere amministratori dei Misteri di Dio «non per vergognoso interesse, ma con animo generoso», dice san Pietro nella Lettura di questi Vespri  (ibidem)  ... La chiamata del Signore al ministero non è frutto di meriti particolari, ma è dono da accogliere e a cui corrispondere dedicandosi non a un proprio progetto, ma a quello di Dio, in modo generoso e disinteressato, perché Egli disponga di noi secondo la sua volontà, anche se questa potrebbe non corrispondere ai nostri desideri di autorealizzazione... Mai dobbiamo dimenticare – come sacerdoti – che l’unica ascesa legittima verso il ministero di Pastore non è quella del successo, ma quella della Croce.

In questa logica essere sacerdoti vuol dire essere servi anche con l’esemplarità della vita. «Fatevi modelli del gregge» è l’invito dell’apostolo Pietro (1 Pt 5,3). I presbiteri sono dispensatori dei mezzi di salvezza, dei sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Penitenza, non ne dispongono a proprio arbitrio, ma ne sono umili servitori per il bene del Popolo di Dio. E’ una vita, allora, segnata profondamente da questo servizio: dalla cura attenta del gregge, dalla celebrazione fedele della liturgia, e dalla pronta sollecitudine verso tutti i fratelli, specie i più poveri e bisognosi. 

(…) E’ importante per tutti, infatti, imparare sempre di più a «rimanere» con il Signore, quotidianamente, nell’incontro personale con Lui per lasciarsi affascinare e afferrare dal suo amore ed essere annunciatori del suo Vangelo; è importante cercare di seguire nella vita, con generosità, non un proprio progetto, ma quello che Dio ha su ciascuno, conformando la propria volontà a quella del Signore; è importante prepararsi, anche attraverso uno studio serio e impegnato, a servire il Popolo di Dio nei compiti che verranno affidati.

Buono studio dunque, e buona preparazione a tutti!