sabato 24 dicembre 2011

SEGNALAZIONI STONATE 2.0 | Natale 2011 | Vangelo: Mt 1,1-25

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo.
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram..

Il Vangelo della messa Natalizia prefestiva si apre, nella forma estesa, con un lungo elenco di nomi. I primi ci suonano familiari: sono i grandi patriarchi della tradizione biblica. Quelli che seguono, e che causano innumerevoli problemi di dizione ai lettori, ci annoiano subito. Che motivo c’è di leggere ogni volta tutti questi nomi arzigogolati? 

Se facciamo attenzione, però, vi ritroviamo tutta la storia di Israele, dall’alleanza e la promessa di Abramo, fino a Re Davide. Dal re Davide si arriva fino alla grande tragedia storica d’Israele, la deportazione a Babilonia. Dalla Deportazione l’elenco riparte fino a Gesù. Scorrono i grandi momenti della storia di Israele, cioè della storia della Salvezza. E’ anche la nostra storia e la nostra salvezza.

“In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici”.

Mi piace pensare a questo lungo elenco come ai preparativi di un regalo. Per confezionare un regalo speciale, qualcosa di interamente pensato, prodotto, confezionato con le nostre mani -proprio per quella persona e quella soltanto- occorre progettualità, dedizione, tempo.
Così, in un certo senso, ha fatto Dio con Gesù, preparando con amore infinito la Sua venuta nei secoli, inserendo fin dall’oscurità dei tempi la Sua persona nelle vicende e nelle generazioni degli uomini.

Nell’ultima udienza del Papa, pronunciata mercoledì scorso, questo aspetto è illustrato con limpida evidenza:  “L’Eterno è entrato nei limiti del tempo e dello spazio, per rendere possibile «oggi» l’incontro con Lui. I testi liturgici natalizi ci aiutano a capire che gli eventi della salvezza operata da Cristo sono sempre attuali, interessano ogni uomo e tutti gli uomini”  (Udienza di mercoledì, 21 dicembre 2011)

Il brano che vi suggerisco per questo Natale non ha parole. E in effetti mi piace segnalarlo per il video che lo accompagna. Il pezzo, “Ensure your Reservation” (ma in un primo momento era chiamato “the Cane”), è estratto dall’album “Together we’re Heavy” (2004) dei Polyphonic Spree.



Il brano propone la vena psych-pop sinfonica dell’ensemble di esagitati guidata da Tim DeLaughter. Leziosi e ridondanti fino all’eccesso, si propongono sul palcoscenico vestiti di lunghe tuniche colorate, saltando e sorridendo come dei folletti.
Il video, decisamente più contenuto rispetto alla media dei loro video, era contenuto nel DVD che accompagnava l’album.

Buona Visione e.. Buon Natale!

domenica 18 dicembre 2011

SEGNALAZIONI STONATE 2.0 | 4° Domenica di Avvento | Vangelo: Lc 1, 26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».

Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».

Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Un attimo. Il tempo del timore e dello stupore. L’esitazione di fronte a una parola che supera la nostra comprensione. Il pensiero di Maria è semplice e immediato: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Non c’è il tempo di riflettere a lungo sulle parole dell’angelo che riannodano l’istante di quella apparizione alla storia della salvezza. Le sue parole promettono il prodigio di un bambino che è Figlio dell’Altissimo. Poi, però, la storia si scioglie nella cronaca familiare. L’esempio di Elisabetta è a portata di mano: “nulla è impossibile a Dio..”. “Avvenga per me secondo la tua parola”.

In ogni vocazione si fa un’esperienza simile e ci si affida alla volontà di Dio. Non riusciamo a scorgere nulla aldilà della domanda, ma dentro quel mistero è racchiuso il segreto della nostra esistenza. Come farsi trovare pronti in quel momento? Nessuno, probabilmente, lo è mai stato. Solo Maria, l’Immacolata, seppure inconsapevolmente era pronta. Di fronte alla domanda decisiva tutto il resto trascolora e si confonde: dubbi, insicurezze, fragilità, felicità provvisorie, si perdono (almeno provvisoriamente!) una sull’altra. Occorre solo dire sì. Cosa sarà poi?

Adesso l’Avvento chiede il nostro silenzio. E’ questo il tempo di meditare sulle parole dell’angelo. Sulla promessa racchiusa nella parola che chiama.

Questo e altro (o forse altro e non questo), mi sembra di recuperare nel brano di questa Domenica. Il pezzo “A Sun Shines On Aimée”, chiude l’album d’esordio della promettente cantante svizzera Anna Aaron. 

L’album, “Dogs in Spirit”, mi ha immediatamente impressionato. Molti brani trovano ispirazione in episodi Biblici: dalla storia di Elia, a quella di re David, dal racconto di Sansone e Dalila, a Santa Giovanna, moglie di Cusa, citata nei Vangeli tra le donne al seguito di Gesù. La scrittura di Anna Aaron procede per suggestioni, cifre simboliche e accostamenti talora spiazzanti. Un po’ come la sua voce che raggiunge toni di limpidezza struggente e accenti più oscuri e abrasivi.   

Era come una visione
Era come il cielo sulla superficie dell’acqua
Ero impreparata per questo
Non avevo niente per saperne di più
E Maria piena di grazia
Colma fino all’orlo
a mescolare la tua febbre con i fantasmi
di tutto ciò che ti manca
Ho perduto tutte le idee a parte questa.

Was it like a vision
Was it like the sky upon the waterline
I had nothing for this
I had  not a single thing to know about
And Mary full of grace
Full to the brim
Mingling your fever with the ghosts
Of all that you miss
I’ve lost every image outside of this

venerdì 9 dicembre 2011

SEGNALAZIONI STONATE 2.0 | 3° Domenica di Avvento 2011 | Vangelo: Gv 1, 6-8. 19-28

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi”. (1 Ts 5, 16-18, dalla Seconda Lettura della 3° Domenica di Avvento).

Questa è la domenica della gioia, del “Gaudete”: ovvero “rallegratevi”!  Ma ci sono momenti in cui anche la Scrittura può sembrare fuori luogo. Come si può essere “sempre lieti”? Pur con tutta la nostra buona volontà -verrebbe da dire- i momenti di difficili non ce li toglie nessuno!
Come se non bastasse questa è pure “volontà di Dio”! Ma non lasciamoci sfuggire la precisazione dell’apostolo Paolo: “è volontà di Dio .. in Cristo Gesù”.

Il Gesù di cui Paolo parla ai suoi cari Tessalonicesi “è morto per noi, perché sia che vegliamo sia che dormiamo viviamo insieme con lui”. Agli stessi Tessalonicesi, d’altronde, non erano mancata la persecuzione e le sofferenze per Cristo: “anche voi avete sofferto le stesse cose..hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, hanno perseguitato noi..”

Nel brano del Vangelo anche il Battista è messo alla prova. L’evangelista Giovanni ci presenta un serrato interrogatorio con sacerdoti, leviti e farisei: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». 

Luce e tenebre si alternano in un dialogo che procede per ripetute negazioni. E il finale non scioglie gli interrogativi fino a lasciare spiazzati: “in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo”.

Che dobbiamo pensare? Brancoliamo nelle tenebre e non riconosciamo la presenza di Gesù che viene. Neppure in questo tempo di Avvento. Nelle tenebre, però, Giovanni rende testimonianza alla luce e Paolo e i Tessalonicesi rendono testimonianza nella letizia.  E noi?

Questa domenica la affidiamo al brano di una band cattolica a stelle e strisce. Nel panorama musicale statunitense non è difficile incontrare musicisti che cantano la propria fede (o i suoi relativi problemi) in maniera più o meno evidente. I più ferventi sono spesso raccolti sotto l’etichetta di Christian-music (o -folk o -rock a seconda del genere). La stragrande maggioranza proviene dalle variegate chiese di matrice protestante: battisti, pentecostali, e chi più ne ha più ne metta.


Gli Innocence Mission, guidati dai coniugi Karen and Don Peris, rappresentano un’eccezione. Il nome è già un programma e cela quattro ex-compagni di scuola (oggi un po’invecchiati) dichiaratamente cattolici, ma che sfuggono alle etichette della musica confessionale. Un po’ folk un po’ dream-pop, un po’ minimalisti, i loro brani scivolano dolcemente uno dopo l’altro, guidati dalla voce limpida e “innocente” di Karen Peris.

“God is love” è tratto dal loro ultimo album “My Room in the Trees” (2010) e mi sembra che possa commentare bene le letture di questa domenica:

Rain or shine
This street of mine is golden
Rain or shine
This street of mine is golden

Con la pioggia o con il sole
Questa mia strada è d’oro
Con la pioggia o con il sole
Questa mia strada è d’oro

With the gold of hickory leaves
I can walk under these clouds
Rain or shine
This street of mine is golden

Nell’oro delle foglie di noce
Posso camminare sotto queste nuvole
Con la pioggia o con il sole
Questa mia strada è d’oro

God is love
And love will never fail me
God is love
And love will never fail me

Dio è amore
E l’amore non mi abbandonerà mai
Dio è amore
E l’amore non mi abbandonerà mai

sabato 3 dicembre 2011

SEGNALAZIONI STONATE 2.0 | 2° Domenica di Avvento 2011

Anche al malessere ci si può abituare con facilità. La dinamica della noia e del male hanno una circolarità che le autoalimenta. Il corto circuito del male ripresenta passi falsi, malinconie e peccati che sembrano adattarsi perfettamente al ritmo neutro e ripetitivo del nostro tempo quotidiano.
Il tempo liturgico spezza la circolarità perversa del male. C’è un inizio sempre nuovo, disponibile a chi si lascia scuotere dal male. Ed è lì a portata di mano:

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri»,
vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».” (Mc 1, 1-8).

Abili manipolatori di suoni, nonché di parole, i Fiery Furnaces sono encomiabili se non altro per aver registrato un intero disco con la nonna (Rehearsing My Choir, 2005). Questo brano “Benton Harbour Blues” è tratto dall’album “Bitter Tea” del 2006. I due fratelli Friedberger descrivono con efficacia la circolarità senza uscita della tristezza e del peccato, dove chi rimane incastrato nel passato cade nel vuoto e nella noia.

Mentre cerco di riempire tutti i miei giorni vuoti
Mi perdo attraverso il labirinto della mia memoria:
di tutto il mio passato, rimane solo la tristezza

As I try to fill all of my empty days,
I stumble round on through my memory’s maze:
of all my past, only the sadness stays.

Non fa per me riempire il mare con le lacrime,
ma quando ripenso a tutti gli anni sprecati
tutto il buon umore e tutto l’incanto svaniscono

It’s not for me to fill the blue sea with tears,
but when i think back on all the wasted years
all the good cheer and all of the charm disappears.

Del nostro passato può sopravvivere solo la tristezza, ma per tutti i malinconici prigionieri di sé stessi e dei propri errori questa 2° domenica di Avvento propone le parole di Isaia (40, 1-5.9-11):

«Consolate, consolate il mio popolo
– dice il vostro Dio –.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».

giovedì 24 novembre 2011

SEGNALAZIONI STONATE 2.0 | I° Domenica di Avvento 2011

Si può iniziare l’avvento con un Requiem?
E’ tempo di avvento: il Signore viene, il Signore è vicino, dunque: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento”.
Un Vangelo così ci mette con le spalle al muro. Ma che vuol dire “vegliare?”
Come si fa a stare attenti? Il brano non dice molto di più sul ritorno del Signore:

«E’ come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Quando si invecchia o ci si accosta alla morte è più facile comprendere cosa significhi vegliare. Veglia, ad esempio, chi si è preparato tutta la vita all’incontro con il Signore, accogliendolo ogni giorno nei segni con cui si fa presente.
Una volta ho visitato un sacerdote alla fine dei suoi giorni: aveva il sorriso sulle labbra e la luce negli occhi. Era pronto. Aveva vegliato come il servo buono e fedele per tutta la vita nella prosa di ogni giorno. Un altro anziano sacerdote nel momento dell’agonia pregava spezzoni di preghiera, ora in italiano ora in latino. Dal fondo dell’animo, inconsciamente, riaffioravano le preghiere della giovinezza, custodite e recitate per tutta la vita. Anche lui vegliava, anche lui era pronto. 

Anche mia nonna veglia. Non si ferma un istante: sempre al lavoro, sempre a servire, sempre attenta e fedele nella sua semplicità contadina. Perseverante nella sofferenza e nella gioia, nella forza e nella debolezza.


Ha messo insieme tutta la sua gioia quando ha sorriso / ha sofferto tutta la sua gioia quando ha pianto ..
Si è affidato a un potere più alto / ha tenuto stretto il suo potere come un santo graal/ ha messo insieme tutta la sua fede nel successo /ha sofferto tutta la sua fede nel fallimento / Il suo cuore era più forte di una pallottola d’acciaio/ ed è per questo che gli dedico questa canzone / era un brav’uomo e ora non c’è più
  
Sono i versi di M.Ward, talentuoso folk-singer dalla voce un po’ così, che ha realizzato nel corso di un decennio una manciata di album memorabili. Il brano, “Requiem”, accompagnato da questo calzante videoclip, è estratto dall’album “Post-War” (2006).
Le parole di M.Ward richiamano le tensioni tipiche dei salmi, ma d’altronde la musica sacra, quella gospel, dice di averla nel sangue, assorbita fin dal grembo materno e in chiesa durante l’infanzia.

“Requiem” potrebbe essere la canzone per il nonno che non c’è più. Non abbiamo indicazioni precise, ma credo che possa aiutarci a sintonizzarci con il Vangelo di domenica. Forse, in questo senso, si può iniziare l’Avvento anche con un Requiem.

giovedì 10 novembre 2011

Se Assisi non fa notizia..

Il 27 ottobre scorso si è svolta ad Assisi la giornata di dialogo e preghiera tra gli esponenti delle religioni ed il Santo Padre Benedetto XVI. 25 anni fa il primo incontro di Assisi fece storia, oggi l’evento è scivolato sui giornali tra le notizie di secondo piano. Su “La Repubblica” era sommariamente raccontato a pag. 23 (appaiato ad un articolo sulle polemiche per uno spettacolo considerato blasfemo da cattolici oltranzisti).  Forse il sistema mediatico non è molto interessato alle buone notizie e agli sforzi per la pace, di sicuro nutre un rapporto controverso con le iniziative e le parole del Papa (è fresco fresco questo bell’articolo dell’Osservatore Romano che ce ne ripropone una storia http://www.osservatoreromano.va/portal/dt?JSPTabContainer.setSelected=JSPTabContainer%2FDetail&last=false=&path=/news/cultura/2011/260q11-Attualit--dell-inattuale.html&title=%20%20%20Attualit%C3%A0%20dell%E2%80%99inattuale%20%20%20&locale=it# ) .
Ad Assisi, sulla scia di quanto già pronunciato nel viaggio in Germania, il Papa ha invitato anche i non credenti, “cercatori di Dio”  più o meno consapevoli, ad impegnarsi per la pace.  È utile leggersi la coda del suo intervento:
L’assenza di Dio porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo. Ma dov’è Dio? Lo conosciamo e possiamo mostrarLo nuovamente all’umanità per fondare una vera pace? (...)
Accanto alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio. Persone del genere non affermano semplicemente: “Non esiste alcun Dio”. Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui. Sono “pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Pongono domande sia all’una che all’altra parte (…).
 Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta. Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo a noi credenti, a tutti i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile.
Per questo ho appositamente invitato rappresentanti di questo terzo gruppo al nostro incontro ad Assisi, che non raduna solamente rappresentanti di istituzioni religiose. Si tratta piuttosto del ritrovarsi insieme in questo essere in cammino verso la verità, dell’impegno deciso per la dignità dell’uomo e del farsi carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto. In conclusione, vorrei assicurarvi che la Chiesa cattolica non desisterà dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo. Siamo animati dal comune desiderio di essere “pellegrini della verità, pellegrini della pace”.

Nei giorni successivi ho avuto l’occasione di ascoltare dal Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, qualche riflessione sull’evento. Riporto di seguito una sintesi (un po’ riadattata) del suo intervento:

L’incontro di Assisi, come i due precedenti, è stato oggetto (forse anche un po’ ostaggio, nel suo svolgimento molto formale) di critiche di sincretismo o di accuse da parte di frange oltranziste. E’ bene sgombrare subito il campo da ogni malinteso è precisare che cosa si intenda con l’espressione “dialogo interreligioso”.
Una definizione da manuale si può recuperare nel documento “Dialogo e Annuncio” (1991) elaborato del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso : “Ogni tipo di relazione interreligiosa positiva e costruttiva con individui e comunità appartenenti ad altre fedi, che sia mirato alla muta comprensione e al mutuo arricchimento, nel pieno rispetto della verità e della libertà”.
Non si tratta dunque  di un dialogo tra religioni, ma tra credenti. Lo scopo è conoscersi, scambiarsi opinioni, arricchirsi, senza negare la propria fede e senza l’intenzione di fare proselitismo. Dialogare non significa rinunciare alla propria religione, ma lasciarsi interpellare dagli altri per arricchire la propria vita spirituale. 

Per portare avanti il dialogo interreligioso, inoltre, sono necessarie alcune condizioni
  •  Avere una chiara identità della propria fede
  •  Essere umili, riconoscere i propri errori
  • Capire il valore dell’altro
  • Cercare la pace, l’amicizia, l’armonia tra i credenti,
Quali sono le modalità del dialogo?
1. Dialogo della vita, le relazioni buone, il “buon vicinato”.
2. Dialogo delle opere che prevede collaborazioni in vista del bene comune in vari ambiti: assistenziali, caritativi, di impegno sociale e politico.
3. Dialogo teologico, quando è possibile.
4. Dialogo delle Spiritualità.

In tal proposito si può rimandare anche ad un testo fondamentale per la riflessione cattolica quale LUMEN GENTIUM, n. 16: “il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale. Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cfr At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cfr. 1 Tm 2,4). Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna “.

L’incontro di Assisi ha messo in evidenza una dimensione diversa dallo scontro violento, quella della preghiera, perché la preghiera è lo specifico che le religioni possono offrire. Le religioni, infatti, sono in sé fattori di pace e la pace è ricerca della verità. Per l’appuntamento di quest’anno il Papa ha invitato molti capi religiosi e uomini di buona volontà. La giornata ha avuto alcuni elementi chiave: la meditazione, il silenzio, l’incontro, ma la novità consisteva nella presenza di alcuni non credenti e agnostici. In tal proposito il Card. Tauran ha ricordato un passaggio del messaggio pronunciato dal Santo Padre all’Angelus del 1° gennaio 2011: “Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”.

Purtroppo all’incontro del 27 ottobre non c’è stata la possibilità di parlare insieme, ma c’è stato un grande rispetto gli uni verso gli altri e grande ossequio per la Chiesa. Tutti gli esponenti delle diverse religioni hanno sottoscritto l’impegno per la pace, mentre il desiderio di Dio è stato espresso fortemente anche dagli agnostici, rappresentati da uno stupendo intervento di Julia Kristeva. Ad Assisi si sono evidenziati temi e preoccupazioni condivise: il rispetto per la vita, la dignità della famiglia, la salvaguardia del creato, l’importanza della reciproca conoscenza.

Il Cardinale ha concluso il suo intervento con uno slancio di entusiasmo: “Avrete la fortuna di vivere in una società difficile! Dovrete annunciare il Vangelo nella sua radicalità. Occorre vivere il Vangelo nella sua radicalità, per fare la differenza. Ed occorre farlo uniti, come  comunità di credenti vivaci e consapevoli della propria fede”.

Cari “futuri preti del terzo Millennio”, avete capita l’antifona?

venerdì 4 novembre 2011

3 indicazioni per la Vita Sacerdotale

(dal vostro inviato a Roma)

Cari amici, 
stasera ho avuto l'occasione di partecipare ai Vespri per l'apertura dell'anno accademico della Facoltà Pontificie nella Basilica di San Pietro. 
Il Santo Padre, prendendo spunto dal 70° anniversario della Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali ha proposto una riflessione sulla vita sacerdotale. 

Ormai dieci anni fa, da giovane studente universitario, ho avuto la fortuna di partecipare, da "infiltrato", allo stesso appuntamento..oggi, l'ho rivissuto da seminarista iscritto all'Università Gregoriana! Con il Signore non mancano le sorprese!

Dieci anni fa Giovanni Paolo II rivolgeva agli studenti le seguenti (e stimolanti) parole: 


Lo studio della teologia e delle discipline ecclesiastiche è orientato all'evangelizzazione. Sappiate perciò apprendere un metodo rigoroso, affrontando con coraggio e generosità la fatica della ricerca, per sperimentare poi in prima persona l'incontro fecondo tra fede e ragione. Mediante queste "due ali" potrete avvicinarvi sempre più alla contemplazione della verità e farvi lieti compagni di viaggio per gli uomini del nostro tempo, spesso confusi e smarriti sulle strade del mondo

Oggi Benedetto XVI ha parlato così:


Vi sono alcune condizioni perché vi sia una crescente consonanza a Cristo nella vita del sacerdote. Vorrei sottolinearne tre, che emergono dalla Lettura che abbiamo ascoltato: l’aspirazione a collaborare con Gesù alla diffusione del Regno di Dio, la gratuità dell’impegno pastorale e l’atteggiamento del servizio.

Innanzitutto, nella chiamata al ministero sacerdotale c’è l’incontro con Gesù e l’essere affascinati, colpiti dalle sue parole, dai suoi gesti, dalla sua stessa persona
E’ l’avere distinto, in mezzo a tante voci, la sua voce, rispondendo come Pietro «Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (Gv 6,68-69). E’ come essere stati raggiunti dall’irradiazione di Bene e di Amore che promana da Lui, sentirsene avvolti e partecipi al punto da desiderare di rimanere con Lui come i due discepoli di Emmaus - «resta con noi perché si fa sera» (Gv 24,29) e di portare al mondo l’annuncio del Vangelo (…) Il ministro del Vangelo allora è colui che si lascia afferrare da Cristo, che sa «rimanere» con Lui, che entra in sintonia, in intima amicizia, con Lui, affinché tutto si compia “come piace a Dio” (1 Pt 5,2), secondo la sua volontà di amore, con grande libertà interiore e con profonda gioia del cuore.

In secondo luogo, si è chiamati ad essere amministratori dei Misteri di Dio «non per vergognoso interesse, ma con animo generoso», dice san Pietro nella Lettura di questi Vespri  (ibidem)  ... La chiamata del Signore al ministero non è frutto di meriti particolari, ma è dono da accogliere e a cui corrispondere dedicandosi non a un proprio progetto, ma a quello di Dio, in modo generoso e disinteressato, perché Egli disponga di noi secondo la sua volontà, anche se questa potrebbe non corrispondere ai nostri desideri di autorealizzazione... Mai dobbiamo dimenticare – come sacerdoti – che l’unica ascesa legittima verso il ministero di Pastore non è quella del successo, ma quella della Croce.

In questa logica essere sacerdoti vuol dire essere servi anche con l’esemplarità della vita. «Fatevi modelli del gregge» è l’invito dell’apostolo Pietro (1 Pt 5,3). I presbiteri sono dispensatori dei mezzi di salvezza, dei sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Penitenza, non ne dispongono a proprio arbitrio, ma ne sono umili servitori per il bene del Popolo di Dio. E’ una vita, allora, segnata profondamente da questo servizio: dalla cura attenta del gregge, dalla celebrazione fedele della liturgia, e dalla pronta sollecitudine verso tutti i fratelli, specie i più poveri e bisognosi. 

(…) E’ importante per tutti, infatti, imparare sempre di più a «rimanere» con il Signore, quotidianamente, nell’incontro personale con Lui per lasciarsi affascinare e afferrare dal suo amore ed essere annunciatori del suo Vangelo; è importante cercare di seguire nella vita, con generosità, non un proprio progetto, ma quello che Dio ha su ciascuno, conformando la propria volontà a quella del Signore; è importante prepararsi, anche attraverso uno studio serio e impegnato, a servire il Popolo di Dio nei compiti che verranno affidati.

Buono studio dunque, e buona preparazione a tutti!

lunedì 18 aprile 2011

DOMENICA delle PALME & non solo...

Giubilo e dolore. Lode e silenzio, gloria e miseria. Mi sembrano le note distintive della liturgia della Domenica delle Palme e, almeno in parte, della Settimana Santa in cui siamo ormai introdotti. Oggi agitiamo rami di olivo, sventoliamo palme, intoniamo “l’Osanna al figlio di Davide!”…ma meditiamo anche la Passione di Gesù. Prima l’esaltazione e l’applauso generale, poi l’abbandono l’umiliazione, le percosse e la croce.  Il nostro cuore attraversa frequentemente questi atteggiamenti e questi sentimenti, anche nell’arco di una stessa giornata. La  luce e le tenebre che abbiamo dentro fanno parte dell’insondabile mistero del cuore umano. In fondo non è una scoperta: ce ne parla la Bibbia e la letteratura fino a Cuore di Tenebra/ Apocalypse Now.
Diciamo la verità: a volte anche in seminario emergono le nostre miserie. Ma il popolo di Dio non si scandalizzerà perché si tratta delle miserie che accompagnano ogni uomo e che portiamo nelle nostre relazione intime, familiari, lavorative. Noi seminaristi ci abbiamo dovuto fare i conti nei consueti esercizi spirituali che precedono la Settima Santa.

Un adolescente, un giovane, sperimenta più che mai il dramma e l’eccitazione di questa alternanza di luce e ombra,  libertà e costrizione, amore e solitudine, spesso fino a perdere di vista le sfumature. Non è scontato, però, che alcuni giovani facciano esperienza di sintesi in ascolto del Vangelo, seguendo la Croce e in preghiera.  La vera  “sintesi”, infatti, ce la dona soltanto Lui, che ricuce e trasforma i pezzi della nostra esistenza, libera dal ripiegamento su sé stessi e allarga a dismisura il nostro piccolo orizzonte. Mi pare questa l’esperienza di Chiesa che abbiamo vissuto venerdì scorso, in occasione della Giornata diocesana dei Giovani organizzata dall’Ufficio per la Pastorale Giovanile di Pistoia. Il programma prevedeva la Catechesi del Vescovo, in continuità con la consueta “Scuola della Parola” e, dopo una processione guidata dalla croce dei giovani, la sosta in Cattedrale per una veglia penitenziale. In chiesa, infatti, si sono alternati i canti, alcune testimonianze, ma anche un momento decisamente  originale: un balletto sulle note di un brano composto dai giovani in occasione del ritiro di Pastorale Giovanile a Bocca di Magra.
Mi chiedo continuamente/ se esista il per sempre (..) Vorrei capire meglio Dio/ per poterlo incontrare/ Cerco la risposta che solo lui può darmi/ Il senso della vita a cui abbandonarmi 
Sono alcune parole tratte dal brano composto dai ragazzi. La veglia di Venerdì non ha trascurato queste dimensioni, né queste domande, lasciando tempo e spazio alla preghiera,  alla confessione e all’ascolto, in una forma inedita, ma bella e fresca . Viene da ripetere con il salmo: “Hai mutato il mio lamento in danza”. A farci sperimentare l’esperienza decisiva, infatti, pensa il Signore. Gesù ci offre ogni anno, in maniera speciale e sovrabbondante, la possibilità di incontrarlo durante la Settimana Santa, ricordandoci, per usare il brano di San Paolo proclamato nella seconda lettura, che “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.” (Fil 2,6-11)

Ripenso, dunque, alla Veglia di Venerdì e allo stupore che prende quando facciamo Chiesa, ci mettiamo indifesi davanti a Lui e apriamo il cuore.  Nella notte silenziosa della campagna, attorno all’Eremo di Lecceto, i seminaristi pistoiesi in ritiro si sono raccolti per mettere a punto i canti della settimana santa. A me è sembrato un piccolo miracolo. Qualcuno, incuriosito dalle nostre insolite armonie, si affacciava nella nostra stanza per domandare: “musica registrata o monaci cantori?”
E’ il canto di lode che rende presente il Signore, ce ne fa percepire il mistero attraverso la grazia e l’armonia, ma soprattutto è il suo dono che viene a guarire ed a superare anche le nostre “sante” miserie. Tenebre e luce che animano anche il commovente salmo responsoriale di Domenica:

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Per la Giornata Diocesana dei Giovani vedi anche:

domenica 10 aprile 2011

5 Domenica di Quaresima

Quinta ed ultima Domenica di questo clima quaresimale che ci continuerà ad accompagnare per tutta le settimana fino a Domenica prossima: la “Domenica delle palme” in cui cominceremo a meditare il cammino di Gesù verso la croce e la resurrezione.
Pagina ricchissima questa del Vangelo di Giovanni (11, 1-45) che ci mette davanti moltissimi punti su cui meditare, punti essenziali nel cammino di ogni cristiano che convergono tutti però, nella resurrezione, cioè nella vita, in Cristo. Sembra quasi che Gesù, portando i sui discepoli con Lui in Giudea, voglia mostrare quelli che sono gli effetti della sequela, sembra voglia mostrare loro che chi si è messo in cammino dietro a Lui “non appartiene più al dominio della carne ma dello Spirito e verrà risuscitato per mezzo dello Spirito che abita in loro” ( Rm 8, 8-11). Verrà risuscitato proprio come di lì a poco risusciterà Lazzaro.
Vincent van Gogh (1853-1890), La Resurrezione di Lazzaro
Van Gogh Museum, Amsterdam
In questo cammino però, Gesù esige che gli si confessi la nostra fede, che ci si affidi e abbandoni a Lui proprio come Lui nelle mani del Padre che  “l’ha mandato e che sempre lo ascolta” ( Gv 11, 42). Tuttavia questa fede deve essere salda e deve poggiarsi completamente su Gesù, lasciando le nostre credenze e le nostre sensazioni. Ci viene chiesta una fede matura, che cresce con lo stare ai piedi di Gesù, proprio come Maria che in silenzio ascoltava il Maestro. A Marta Gesù chiede questa fede totale anche se lei non sembra subito credere fermamente in quello che Gesù le sta dicendo, quanto piuttosto alla promessa della resurrezione nell’ultimo giorno, escludendolo così, almeno apparentemente, da un pronto intervento nei confronti della morte del fratello. Per questo Marta ancora sussulta quando Gesù ordina di aprire il sepolcro, poiché Lazzaro era ormai “morto da quattro giorni e manda già cattivo odore”.
Gesù la riconferma nella fede: “Non ti ho detto che se crederai, vedrai la gloria di Dio?”. Tolta la pietra e ringraziato il Padre Gesù chiama Lazzaro : “Vieni fuori!” e Lazzaro uscì. E’ la chiamata dalla vita alla morte, dal dominio della carne al dominio dello Spirito, dalla schiavitù alla vita senza fine, e tutto questo in Gesù Via, Verità e Vita. Questa è una pagina tutta all’insegna della vita, per questo siamo chiamati a riconoscerla anche là dove sembra non ci siano più speranze, perfino dove la vita sembra non esserci più. E’ in Gesù, così vicino alle nostre miserie e ai nostri problemi, che piange e si commuove accanto e insieme a noi e che ci è amico, che troviamo la forza per risorgere.
“ Vieni fuori!”. Lasciamo che Gesù entri nei nostri cuori affinché anche noi possiamo risorgere insieme a Lui in questa Pasqua ormai alle porte.

sabato 2 aprile 2011

4° Domenica di Quaresima

 Si entra in Seminario e subito ci è chiesto di fare luce agli altri. Tutti chiedono, vogliono sapere, si dimostrano quasi inaspettatamente interessati a Dio e alle cose dell’anima. “Che significa quel brano della parola? Perché c’è il male? Come si fa a sentire la Vocazione e Dio, come si fa a sentire Dio?”
Non capita anche a noi, che viviamo una realta di formazione, di discernimento e ascolto, di cadere nella posizione dei farisei? Di dire con sicurezza: “Noi sappiamo” “Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?
Investiti dall’entusiasmo, sicuramente in buona fede, organizziamo eventi, momenti di preghiera, di testimonianza, ma talvolta con il rischio di portare soltanto noi stessi e di non riuscire a scorgere l’essenziale.
In questa IV Domenica di Quaresima la liturgia ruota attorno il brano del Vangelo Giovanni in cui Gesù guarisce il cieco nato a Gerusalemme (Gv 9,1-41). Nel racconto Gesù guarisce il cieco senza che questi chieda neppure aiuto. Il suo gesto sembra rispondere piuttosto alla domanda dei discepoli: “Rabbi, chi ha peccato, lui o ii suoi genitori, perché sia nato cieco?”. Ma Gesù trasforma una domanda “scolastica” in un gesto di misericordia e verità che entra dentro l’esperienza umana, fin dentro il cuore e la carne.
Il Vangelo lascia che sia il cieco risanato a metterci in discussione e farci capire che il primato è quello di Qualcuno che si è chinato sull’uomo e che con tutta evidenza l’ha guarito, l’ha fatto uomo nuovo!
Non è capitato anche a noi? Riconoscere il primato di Dio, quell’evento di salvezza che ci precede, prima ancora che lo abbiamo elaborato e compreso fino in fondo mi sembra importante anche per chi sperimenta la vocazione sacerdotale ed entra in seminario. Molti eventi, incontri, situazioni della nostra esistenza sono unificati dalla grazia di Dio, che poco a poco si svela, ci fa comprendere un disegno, un progetto d’amore a cui non possiamo sottrarci. Eppure il Signore è paziente, si dimostra tale di fronte a tutti i nostri colpi di testa, alle nostre miseria e cecità. Gesù guarisce, ci fa comprendere in maniera nuova il percorso che abbiamo attraversato. “Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce del Signore”. Nell’invito che Paolo rivolge agli Efesini questo messaggio è chiaro. C’è una vita nuova che ci è offerta nella resurrezione di Cristo, già qui ed ora: “Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà!”
Vediamo il cieco con il volto rivolto verso l’alto, quasi rasserenato in un sorriso fiducioso, come di chi nulla teme e solo contempla. Gesù, domina tutta la scena, al centro del dipinto si curva sul cieco per toccare con la punta delle dita i suoi occhi. Si china con garbo, in silenzio, trattenendo il mantello con un mano, quasi per non disturbare. “Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco”. Il gesto narrato da Giovanni rimanda alla creazione, al fango di cui l’uomo è impastato, e nel dipinto il gesto di Cristo sembra sottolineare questo rimando, sottolineando la posa inerte e dipendente del cieco che quasi attende di essere animato dallo Spirito di Dio. Ancora una volta ci soffermiamo su una tela custodita nel Seminario Fiorentino, un altro dipinto di Jacopo Vignali, pittore fiorentino assai prolifico, ma anche di profonda spiritualità. La tela non lascia spazio a molti particolari, anche se è più probabile che piuttosto dell’episodio narrato da Giovanni si descriva la guarigione del cieco di Gerico (Lc 18, 35-43; Mc 10, 46-51). Sono gli incontri decisivi quelli che recuperiamo frequentemente nei dipinti di Jacopo Vignali: incontri di conversione, di un coinvolgimento della mente e del cuore che si esprime in affetti delicati, mai sopra le righe, da contemplare con gli occhi di chi li ripercorre nel ricordo o nella contemplazione di un mistero d’amore.
Nei giorni scorsi, per circostanze particolari, ho ripercorso d’un colpo gli anni decisivi della mia vita, gli incontri, le vicissitudini del cuore e le amicizie davvero importanti, con le loro trasformazioni, gli allontamenti e le difficoltà.  Ogni cosa sembrava aver trovato il suo posto, ricevere senso, nuovo significato alla luce di Cristo. E allo stesso tempo ogni volto, ricordo ed esperienza, manteneva intatta tutta la complessità drammatica, talora tragica, dell’esistenza umana. Non è forse già un miracolo questa luce che irrompe nella penombra umana, che si fa strada negli anni ed entra nelle pieghe dei cuori per arrivare a cercare proprio noi? “Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: “Tu credi nel figlio dell’uomo?”.
Viene da immaginarselo. Gesù che quasi corre tra la folla per cercare il volto del cieco nato, lo incontra di nuovo e lo ferma davanti a sé, ponendo le mani sulle sue spalle. Soltanto adesso Gesù avvia un dialogo che al momento della guarigione aveva lasciato in sospeso, scomparendo di scena dopo aver inviato il cieco a lavarsi alla piscina di Siloe.
Tu credi nel figlio dell’uomo?” La proposta della fede è rivolta anche a noi. E Gesù, guardandoci con amore sembra volerci dire: “Sono stato io a ricucire la tua esistenza, ad avere fiducia e amore per te: ci credi? Credi nel figlio dell’uomo?”
Il Signore è il mio pastore non manco di nulla .. anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me”. Domenica prossima pregheremo con questo salmo per ricordare la vicinanza di Dio nella nostra vita, anche nelle sue pieghe più oscure. Riconoscere che il Signore si è chinato su di noi e ci ha guarito quando ancora non ne eravamo consapevoli è il primo passo necessario per la conversione, per il cambiamento del cuore che la Quaresima ci invita a coltivare.
La liturgia ci ricorda anche che il Signore non è come gli uomini, che si accontentano delle apparenze, ma scruta i cuori. L’episodio descritto nella prima lettura- l’unzione di Davide-il più piccolo tra i figli di Iesse, che neppure il padre aveva tenuto nel conto ci rende evidente lo “stile” di Dio.
Mi è capitato di leggere alcune preghiere scritte durante l’adorazione eucaristica. Piccoli pensieri, poche parole anonime messe per scritto da chi si è fermato a pregare davanti al Signore. Un’esperienza immediata, seppure infinitesimamente parziale di che cosa significa vedere con gli occhi di Dio. Con timore e reverenza mi sono accostato a queste preghiere, talore sospiri e grida dell’anima. Avrei mai potuto scorgere qualcosa di quello che era stato scritto dai loro volti o dal loro aspetto?
O Dio, Padre della Luce, tu vedi le profondità del nostro cuore: non permettere che ci domini il potere delle tenebre, ma apri i nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo, e crediamo in lui solo, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore (colletta).

lunedì 28 marzo 2011

3° Domenica di Quaresima

Jacopo Vignali (1592-1664), Gesù e la Samaritana
Seminario Arcivescovile Fiorentino
Al centro della liturgia di questa III domenica di Quaresima c’è l’acqua, punto di incontro tra Gesù e la donna.
L’uomo di oggi è un individuo che desidera sempre di più; continuamente assetato di giustizia, di libertà, di comunione, di pace… desideri spesso insoddisfatti. Cerca un assoluto capace di estinguere la sete in modo definitivo. Ma dove si può trovare un’acqua che plachi ogni inquietudine e appaghi ogni desiderio?
La risposta è data da Gesù nell’incontro con la Samaritana. Nella tradizione biblica Dio stesso è la fonte dell’acqua viva. Allontanarsi da Lui e dalla sua Legge é conoscere la peggiore siccità (cf Ger 2,12-13; 17,13). Nel difficile cammino verso la libertà Israele, arso dalla sete, tenta Dio, esige il suo intervento come un diritto e contesta l’operato di Mosè che sembra il responsabile di un’avventura senza sbocchi. Il popolo rimpiange il passato e rifiuta il futuro, denunciato come illusorio. Vorrebbe impadronirsi di Dio per sciogliere in modo miracolistico le sue difficoltà (prima lettura). Ma Dio si sottrae a questo tipo di richiesta. Tuttavia Egli dà prova di non abbandonare il suo popolo: gli assicura l’acqua che disseta perché riconosca in Lui il Salvatore e impari ad affidarsi a Lui.
La roccia da cui Mosè fa scaturire l’acqua è segno della Provvidenza divina che segue il suo popolo e gli dà vita.
Nella Pasqua di Gesù, la promessa dell’acqua viva diventa realtà; dal suo costato squarciato sono usciti sangue ed acqua. Gesù diventa la sorgente da cui scaturisce l’acqua dello Spirito, che è l’amore di Dio riversato nei nostri cuori. E’ questo amore che ci ha purificati e generati a vita nuova. Per opera dello Spirito siamo diventati una sola cosa con Cristo, figli nel Figlio, veri adoratori del Padre.
L’Eucaristia è accostarsi alla fonte dell’acqua viva per ricevere la piena effusione dello Spirito, l’alimento sempre nuovo dell’amore: «Chi beve dell’acqua che io gli darò... avrà in sé una sorgente che zampilla fino alla vita eterna» (ant. comunione).
Ma il dono ricevuto diventa compito di annuncio e di testimonianza. Come la Samaritana bisogna raccontare ai fratelli ciò che Dio ha compiuto in noi perché essi, come i concittadini della donna, arrivino a confessare che Gesù è «il Salvatore del mondo». La fede deve diventare contagiosa.
Se la ricerca e la sete dell’uomo trovano in Cristo pieno appagamento è necessario testimoniare come la salvezza non sta nelle «cose» che accendono nuovi desideri ed inquietudini, ma nell’unico valore a cui abbiamo aderito: Gesù Salvatore dell’uomo. Non c’è altra acqua che faccia fiorire il nostro deserto e che definitivamente plachi il nostro cercare.

Chiunque tu sia, Dio ti vede, individualmente. Egli ti chiama per nome. Ti vede e ti comprende come realmente ti ha fatto. Ti conosce internamente, conosce i tuoi sentimenti, i più riposti pensieri, conosce le tue inclinazioni, le tue preferenze, le tue forze e le tue debolezze… Ascolta la tua voce e i battiti del tuo cuore. Sente anche il tuo respiro. Tu non potresti mai amare te stesso, quanto lui ti ama.”  
 J.H. Newman