lunedì 18 aprile 2011

DOMENICA delle PALME & non solo...

Giubilo e dolore. Lode e silenzio, gloria e miseria. Mi sembrano le note distintive della liturgia della Domenica delle Palme e, almeno in parte, della Settimana Santa in cui siamo ormai introdotti. Oggi agitiamo rami di olivo, sventoliamo palme, intoniamo “l’Osanna al figlio di Davide!”…ma meditiamo anche la Passione di Gesù. Prima l’esaltazione e l’applauso generale, poi l’abbandono l’umiliazione, le percosse e la croce.  Il nostro cuore attraversa frequentemente questi atteggiamenti e questi sentimenti, anche nell’arco di una stessa giornata. La  luce e le tenebre che abbiamo dentro fanno parte dell’insondabile mistero del cuore umano. In fondo non è una scoperta: ce ne parla la Bibbia e la letteratura fino a Cuore di Tenebra/ Apocalypse Now.
Diciamo la verità: a volte anche in seminario emergono le nostre miserie. Ma il popolo di Dio non si scandalizzerà perché si tratta delle miserie che accompagnano ogni uomo e che portiamo nelle nostre relazione intime, familiari, lavorative. Noi seminaristi ci abbiamo dovuto fare i conti nei consueti esercizi spirituali che precedono la Settima Santa.

Un adolescente, un giovane, sperimenta più che mai il dramma e l’eccitazione di questa alternanza di luce e ombra,  libertà e costrizione, amore e solitudine, spesso fino a perdere di vista le sfumature. Non è scontato, però, che alcuni giovani facciano esperienza di sintesi in ascolto del Vangelo, seguendo la Croce e in preghiera.  La vera  “sintesi”, infatti, ce la dona soltanto Lui, che ricuce e trasforma i pezzi della nostra esistenza, libera dal ripiegamento su sé stessi e allarga a dismisura il nostro piccolo orizzonte. Mi pare questa l’esperienza di Chiesa che abbiamo vissuto venerdì scorso, in occasione della Giornata diocesana dei Giovani organizzata dall’Ufficio per la Pastorale Giovanile di Pistoia. Il programma prevedeva la Catechesi del Vescovo, in continuità con la consueta “Scuola della Parola” e, dopo una processione guidata dalla croce dei giovani, la sosta in Cattedrale per una veglia penitenziale. In chiesa, infatti, si sono alternati i canti, alcune testimonianze, ma anche un momento decisamente  originale: un balletto sulle note di un brano composto dai giovani in occasione del ritiro di Pastorale Giovanile a Bocca di Magra.
Mi chiedo continuamente/ se esista il per sempre (..) Vorrei capire meglio Dio/ per poterlo incontrare/ Cerco la risposta che solo lui può darmi/ Il senso della vita a cui abbandonarmi 
Sono alcune parole tratte dal brano composto dai ragazzi. La veglia di Venerdì non ha trascurato queste dimensioni, né queste domande, lasciando tempo e spazio alla preghiera,  alla confessione e all’ascolto, in una forma inedita, ma bella e fresca . Viene da ripetere con il salmo: “Hai mutato il mio lamento in danza”. A farci sperimentare l’esperienza decisiva, infatti, pensa il Signore. Gesù ci offre ogni anno, in maniera speciale e sovrabbondante, la possibilità di incontrarlo durante la Settimana Santa, ricordandoci, per usare il brano di San Paolo proclamato nella seconda lettura, che “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.” (Fil 2,6-11)

Ripenso, dunque, alla Veglia di Venerdì e allo stupore che prende quando facciamo Chiesa, ci mettiamo indifesi davanti a Lui e apriamo il cuore.  Nella notte silenziosa della campagna, attorno all’Eremo di Lecceto, i seminaristi pistoiesi in ritiro si sono raccolti per mettere a punto i canti della settimana santa. A me è sembrato un piccolo miracolo. Qualcuno, incuriosito dalle nostre insolite armonie, si affacciava nella nostra stanza per domandare: “musica registrata o monaci cantori?”
E’ il canto di lode che rende presente il Signore, ce ne fa percepire il mistero attraverso la grazia e l’armonia, ma soprattutto è il suo dono che viene a guarire ed a superare anche le nostre “sante” miserie. Tenebre e luce che animano anche il commovente salmo responsoriale di Domenica:

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Per la Giornata Diocesana dei Giovani vedi anche:

domenica 10 aprile 2011

5 Domenica di Quaresima

Quinta ed ultima Domenica di questo clima quaresimale che ci continuerà ad accompagnare per tutta le settimana fino a Domenica prossima: la “Domenica delle palme” in cui cominceremo a meditare il cammino di Gesù verso la croce e la resurrezione.
Pagina ricchissima questa del Vangelo di Giovanni (11, 1-45) che ci mette davanti moltissimi punti su cui meditare, punti essenziali nel cammino di ogni cristiano che convergono tutti però, nella resurrezione, cioè nella vita, in Cristo. Sembra quasi che Gesù, portando i sui discepoli con Lui in Giudea, voglia mostrare quelli che sono gli effetti della sequela, sembra voglia mostrare loro che chi si è messo in cammino dietro a Lui “non appartiene più al dominio della carne ma dello Spirito e verrà risuscitato per mezzo dello Spirito che abita in loro” ( Rm 8, 8-11). Verrà risuscitato proprio come di lì a poco risusciterà Lazzaro.
Vincent van Gogh (1853-1890), La Resurrezione di Lazzaro
Van Gogh Museum, Amsterdam
In questo cammino però, Gesù esige che gli si confessi la nostra fede, che ci si affidi e abbandoni a Lui proprio come Lui nelle mani del Padre che  “l’ha mandato e che sempre lo ascolta” ( Gv 11, 42). Tuttavia questa fede deve essere salda e deve poggiarsi completamente su Gesù, lasciando le nostre credenze e le nostre sensazioni. Ci viene chiesta una fede matura, che cresce con lo stare ai piedi di Gesù, proprio come Maria che in silenzio ascoltava il Maestro. A Marta Gesù chiede questa fede totale anche se lei non sembra subito credere fermamente in quello che Gesù le sta dicendo, quanto piuttosto alla promessa della resurrezione nell’ultimo giorno, escludendolo così, almeno apparentemente, da un pronto intervento nei confronti della morte del fratello. Per questo Marta ancora sussulta quando Gesù ordina di aprire il sepolcro, poiché Lazzaro era ormai “morto da quattro giorni e manda già cattivo odore”.
Gesù la riconferma nella fede: “Non ti ho detto che se crederai, vedrai la gloria di Dio?”. Tolta la pietra e ringraziato il Padre Gesù chiama Lazzaro : “Vieni fuori!” e Lazzaro uscì. E’ la chiamata dalla vita alla morte, dal dominio della carne al dominio dello Spirito, dalla schiavitù alla vita senza fine, e tutto questo in Gesù Via, Verità e Vita. Questa è una pagina tutta all’insegna della vita, per questo siamo chiamati a riconoscerla anche là dove sembra non ci siano più speranze, perfino dove la vita sembra non esserci più. E’ in Gesù, così vicino alle nostre miserie e ai nostri problemi, che piange e si commuove accanto e insieme a noi e che ci è amico, che troviamo la forza per risorgere.
“ Vieni fuori!”. Lasciamo che Gesù entri nei nostri cuori affinché anche noi possiamo risorgere insieme a Lui in questa Pasqua ormai alle porte.

sabato 2 aprile 2011

4° Domenica di Quaresima

 Si entra in Seminario e subito ci è chiesto di fare luce agli altri. Tutti chiedono, vogliono sapere, si dimostrano quasi inaspettatamente interessati a Dio e alle cose dell’anima. “Che significa quel brano della parola? Perché c’è il male? Come si fa a sentire la Vocazione e Dio, come si fa a sentire Dio?”
Non capita anche a noi, che viviamo una realta di formazione, di discernimento e ascolto, di cadere nella posizione dei farisei? Di dire con sicurezza: “Noi sappiamo” “Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?
Investiti dall’entusiasmo, sicuramente in buona fede, organizziamo eventi, momenti di preghiera, di testimonianza, ma talvolta con il rischio di portare soltanto noi stessi e di non riuscire a scorgere l’essenziale.
In questa IV Domenica di Quaresima la liturgia ruota attorno il brano del Vangelo Giovanni in cui Gesù guarisce il cieco nato a Gerusalemme (Gv 9,1-41). Nel racconto Gesù guarisce il cieco senza che questi chieda neppure aiuto. Il suo gesto sembra rispondere piuttosto alla domanda dei discepoli: “Rabbi, chi ha peccato, lui o ii suoi genitori, perché sia nato cieco?”. Ma Gesù trasforma una domanda “scolastica” in un gesto di misericordia e verità che entra dentro l’esperienza umana, fin dentro il cuore e la carne.
Il Vangelo lascia che sia il cieco risanato a metterci in discussione e farci capire che il primato è quello di Qualcuno che si è chinato sull’uomo e che con tutta evidenza l’ha guarito, l’ha fatto uomo nuovo!
Non è capitato anche a noi? Riconoscere il primato di Dio, quell’evento di salvezza che ci precede, prima ancora che lo abbiamo elaborato e compreso fino in fondo mi sembra importante anche per chi sperimenta la vocazione sacerdotale ed entra in seminario. Molti eventi, incontri, situazioni della nostra esistenza sono unificati dalla grazia di Dio, che poco a poco si svela, ci fa comprendere un disegno, un progetto d’amore a cui non possiamo sottrarci. Eppure il Signore è paziente, si dimostra tale di fronte a tutti i nostri colpi di testa, alle nostre miseria e cecità. Gesù guarisce, ci fa comprendere in maniera nuova il percorso che abbiamo attraversato. “Fratelli, un tempo eravate tenebra, ora siete luce del Signore”. Nell’invito che Paolo rivolge agli Efesini questo messaggio è chiaro. C’è una vita nuova che ci è offerta nella resurrezione di Cristo, già qui ed ora: “Svegliati, tu che dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà!”
Vediamo il cieco con il volto rivolto verso l’alto, quasi rasserenato in un sorriso fiducioso, come di chi nulla teme e solo contempla. Gesù, domina tutta la scena, al centro del dipinto si curva sul cieco per toccare con la punta delle dita i suoi occhi. Si china con garbo, in silenzio, trattenendo il mantello con un mano, quasi per non disturbare. “Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco”. Il gesto narrato da Giovanni rimanda alla creazione, al fango di cui l’uomo è impastato, e nel dipinto il gesto di Cristo sembra sottolineare questo rimando, sottolineando la posa inerte e dipendente del cieco che quasi attende di essere animato dallo Spirito di Dio. Ancora una volta ci soffermiamo su una tela custodita nel Seminario Fiorentino, un altro dipinto di Jacopo Vignali, pittore fiorentino assai prolifico, ma anche di profonda spiritualità. La tela non lascia spazio a molti particolari, anche se è più probabile che piuttosto dell’episodio narrato da Giovanni si descriva la guarigione del cieco di Gerico (Lc 18, 35-43; Mc 10, 46-51). Sono gli incontri decisivi quelli che recuperiamo frequentemente nei dipinti di Jacopo Vignali: incontri di conversione, di un coinvolgimento della mente e del cuore che si esprime in affetti delicati, mai sopra le righe, da contemplare con gli occhi di chi li ripercorre nel ricordo o nella contemplazione di un mistero d’amore.
Nei giorni scorsi, per circostanze particolari, ho ripercorso d’un colpo gli anni decisivi della mia vita, gli incontri, le vicissitudini del cuore e le amicizie davvero importanti, con le loro trasformazioni, gli allontamenti e le difficoltà.  Ogni cosa sembrava aver trovato il suo posto, ricevere senso, nuovo significato alla luce di Cristo. E allo stesso tempo ogni volto, ricordo ed esperienza, manteneva intatta tutta la complessità drammatica, talora tragica, dell’esistenza umana. Non è forse già un miracolo questa luce che irrompe nella penombra umana, che si fa strada negli anni ed entra nelle pieghe dei cuori per arrivare a cercare proprio noi? “Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: “Tu credi nel figlio dell’uomo?”.
Viene da immaginarselo. Gesù che quasi corre tra la folla per cercare il volto del cieco nato, lo incontra di nuovo e lo ferma davanti a sé, ponendo le mani sulle sue spalle. Soltanto adesso Gesù avvia un dialogo che al momento della guarigione aveva lasciato in sospeso, scomparendo di scena dopo aver inviato il cieco a lavarsi alla piscina di Siloe.
Tu credi nel figlio dell’uomo?” La proposta della fede è rivolta anche a noi. E Gesù, guardandoci con amore sembra volerci dire: “Sono stato io a ricucire la tua esistenza, ad avere fiducia e amore per te: ci credi? Credi nel figlio dell’uomo?”
Il Signore è il mio pastore non manco di nulla .. anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me”. Domenica prossima pregheremo con questo salmo per ricordare la vicinanza di Dio nella nostra vita, anche nelle sue pieghe più oscure. Riconoscere che il Signore si è chinato su di noi e ci ha guarito quando ancora non ne eravamo consapevoli è il primo passo necessario per la conversione, per il cambiamento del cuore che la Quaresima ci invita a coltivare.
La liturgia ci ricorda anche che il Signore non è come gli uomini, che si accontentano delle apparenze, ma scruta i cuori. L’episodio descritto nella prima lettura- l’unzione di Davide-il più piccolo tra i figli di Iesse, che neppure il padre aveva tenuto nel conto ci rende evidente lo “stile” di Dio.
Mi è capitato di leggere alcune preghiere scritte durante l’adorazione eucaristica. Piccoli pensieri, poche parole anonime messe per scritto da chi si è fermato a pregare davanti al Signore. Un’esperienza immediata, seppure infinitesimamente parziale di che cosa significa vedere con gli occhi di Dio. Con timore e reverenza mi sono accostato a queste preghiere, talore sospiri e grida dell’anima. Avrei mai potuto scorgere qualcosa di quello che era stato scritto dai loro volti o dal loro aspetto?
O Dio, Padre della Luce, tu vedi le profondità del nostro cuore: non permettere che ci domini il potere delle tenebre, ma apri i nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo, e crediamo in lui solo, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore (colletta).