lunedì 9 dicembre 2013

Segnalazioni Stonate 4.0 | Avvento 2013 | Vangelo dalla Messa dei Pastori (di Mezzanotte)

Satolli per il pranzo natalizio, ancora circondati dai nastri e dalla carta regalo stracciata, quando già il cielo si imbruna e il fuoco del camino o il tepore del riscaldamento confondono le idee, si leva inesorabile, con la sentenziosità di una parca, la voce della nonna: «ovvia giù: è finito anche il Natale». Te l’aspettavi, ma non ci voleva: come un balla di farina ti preme sul cuore e non riesci neppure ad articolare una reazione indispettita. «no, ancora no..ancora un poco!».

Il tempo dell’orologio ha vinto di nuovo. Il tempo dell’orologio è un tempo solitario, misura gli stessi minuti per tutti, ma per tutti diversi. È la vuota durata con cui dobbiamo confrontarci da soli. E invece, quando si vive un momento speciale il tempo vola, nessuno conta i minuti, il tempo non conta, conta soltanto la consapevolezza che questo è il giorno, questo il luogo, questa l’ora! 


Il tempo dell’orologio, o della durata, chiede costantemente di essere misurato. Ci domina mostrando puntualmente l’esigenza di essere organizzato. Augusto imperatore - morto giusto 2000 anni or sono - aveva ben chiaro il potere del tempo organizzato e, preso dalla smania di inaugurare una nuova età dell’oro, decise subito di prenderne le misure. Coltivava dunque l’esigenza del censimento e di rendicontare ogni cosa a sé e alla storia, facendo scalpellare e incidere qua e là le sue Res Gestae. Così la famiglia di Gesù, assorbita anch’essa nel tempo della durata dovette spingersi in Giudea fino a Betlemme. Maria era coinvolta in un’altra durata: un conto alla rovescia che decise di interrompersi giusto fuori casa, per giunta di notte e in un riparo improvvisato. Era arrivato quel giorno, quel luogo e quell’ora in cui il tempo di Dio e quello degli uomini si incastravano in una solidarietà irriducibile.

Ogni anno torniamo a «questa santissima notte» illuminata dallo «splendore di Cristo, vera luce del mondo,» come recita la colletta della liturgia natalizia. Ogni anno abbiamo bisogno di tornare a questa notte, in cerca del « segno » dei pastori, per riannodare i percorsi individuali e comunitari attorno a questo centro luminoso.

Anche l’attesa d’Avvento può naufragare nello scorrere del tempo cronologico, finire riassorbita dal ritmo delle ore. Almeno in quell’ora della notte le chiese si affollano. Perché? Non mi si dica che è soltanto abitudine o tradizione. Certo, anche questo, ma non può essere soltanto per questo. Perché dunque? È chiaro che una risposta univoca non c’è, ma forse, almeno in quella notte, è possibile cercare in chiesa qualcosa che coroni l’attesa del tempo della durata: un segno, una parola, un incontro, un simbolo, il senso di una storia. C’è vivo, sotto sotto, il desiderio dell’evento che orienta il tempo e che faccia dire «questo il giorno! Questo il luogo!»

Malinconici bardi una vaga psichedelica pop dai toni amari gli scozzesi Delgados hanno realizzato, poco più di una decina d’anni fa, una manciata di album di mediocre successo. Tra questi -ascoltati e riascoltati a non finire- ho ripescato un brano che è una buona cifra del loro stile dal ritornello accattivante e le melodie leggere, dove il testo descrive con efficacia le attese e le miserie del tempo dell’orologio (Coming from the cold, dall’album «Hate» 2002)

Tùffati in
un lavoro da sogno che migliore non potresti trovare,
un mazzo di chiavi e bottiglie grandi quanto il cielo.
Trovati un posto e preparati per la corsa.

Leva il tuo calice!
Berremo finché non passa l'estate
Tira fuori i cappelli: abbiamo tutti bisogno di farci una risata
e lascia parlare i vicini tanto sei certo di perderli di vista
Possiamo

Provare a cercare il giusto tipo di vita.
Mi piacerebbe soltanto che tu avessi la possibilità di decidere,
Ma se dai un'occhiata intorno a te non c'è nessuno.
Come puoi dire che tutto questo è giusto?

Non sei da biasimare,
Nessuno ti dice che non sei da biasimare.
Le circostanze attorno a te non sono dello stesso avviso
e io neppure riconosco chi resta
Sistemarti,
Spero davvero che tu possa sistemarti,
Prendere la tua tenda e portare la tua roulotte fuori città.
Troveremo un luogo dove vagabondare e dove tu possa fuggire
Possiamo

Provare a cercare il giusto tipo di vita.
Mi piacerebbe soltanto che tu avessi la possibilità di decidere,
Ma se dai un'occhiata intorno a te non c'è nessuno.
Come puoi dire che tutto questo è giusto?
Tutti stanno aspettando la grande sorpresa,
Ma nessuno ci farà caso quando arriverà,
tu, allora, rimanda l’attesa
Provare a cercare il giusto tipo di vita.
Mi piacerebbe soltanto che tu avessi la possibilità di decidere,
Ma se dai un'occhiata intorno a te non c'è nessuno.
Come puoi dire che tutto questo è giusto?
Arriviamo tutti da lontano
E tutti alla ricerca di qualcuno da abbracciare
Ma se dai un'occhiata intorno a te non c'è nessuno.
Come puoi dire che tutto questo è giusto?


Chi crede può vivere il tempo secondo un’altra prospettiva. La realtà si fa più densa perché ci sono istanti, luoghi, persone, in cui si può incrociare l’infinito. Apparentemente non c’è differenza: i tempi ed i luoghi sono gli stessi, i percorsi e le attese le medesime. Così perfino nella stessa esistenza si incrociano il tempo del badge da strisciare e quello della Redenzione, il giorno della partita e quello della Messa domenicale, quello dell’adorazione e della fila alle poste, il tempo dell’ascolto e quello del gabinetto corrono paralleli o si intrecciano curiosamente. Talvolta i due tempi si avvicinano fino a sovrapporsi nel tempo del servizio, dal pranzo condiviso, nella veglia accanto ad un letto d’ospedale come sui banchi di scuola, nell’abbraccio e nella mano nella mano. Decodificarli è il problema che coinvolge tutti, ma il Natale è uno dei momenti dell’anno in cui i due tempi si danno quasi universalmente l’appuntamento.


Anche il videoclip che accompagna il brano dei Delgados è evocativo dell’attesa indistinta che cova nel tempo dell’orologio. Si descrivono le vicende banali e solitarie di un lui e di una lei prigionieri del tempo della durata, attraverso due percorsi che si sfiorano, ma non si incrociano.

Perfino ai pastori in quella santissima notte, non doveva mancare il desiderio di qualcosa di meglio, di una posto caldo, di un antidoto alla noia e alla miseria dei giorni. Gli angeli annunciarono qualcosa di molto più grande che avrebbero paradossalmente incontrato nel segno del bambino. Come ogni anno attende anche il nostro abbraccio, fin troppo grandicello nei gesùbambino del presepe, ma con le braccia spalancate del futuro crocifisso. Attende paziente e puntuale, per introdurci a quell’incontro che rompe e dimentica ogni durata.

* * *

Lc 2, 1-14Dal Vangelo secondo Luca
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.
C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

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