domenica 14 dicembre 2014

Natale inquieto | Terza Domenica di Avvento 2014


Nell’aula di catechismo metto a fuoco i giovanissimi che si preparano alla cresima. Poco più che bambini, dodicenni, dodicenni e mezzo, undicenni che fremono smaniosi sulle seggiole, col volto ancora pulito da brufoli e fratture interiori. «Presentatevi: io non vi conosco!». Ma la presentazione è rapida: appena l’età e un nome che sparisce dietro il brusio dei più scalmanati. 
«E tu chi sei?..tutto bene?» In fondo all’aula  - capelli rossi, volto acqua e sapone - siede stancamente composta una ragazzina con gli occhi arrossati e lo  sguardo perso in un punto indefinito. È disarmata da un’inquietudine che non sembra riconoscere.  «Ma che fai? Piangi?» La incalzano i compagni senza troppa pietà. «no..sono stata in piscina. È l’effetto del cloro».
«Avete ascoltato il Vangelo? Di chi abbiamo parlato poco fa?»
In chiesa abbiamo appena terminato la lettura del vangelo della Terza d’Avvento. «Avete ascoltato cosa chiedono a Giovanni leviti e farisei? » Una piccola catechesi sul precursore si dipana senza troppa fatica. E già mi accorgo che forse, prima ancora di fare una domanda, sarebbe stato meglio spiegare chi erano leviti e farisei. «Sei tu il Cristo che deve venire?» E chi era questo Cristo? Un Cristologia in frantumi e un rapidissimo excursus sul messianismo possono bastare per dare consistenza al contesto. Ma i piccoli reagiscono: hanno ascoltato quasi fino al punto di stupire. Forse le domande sono troppo facili? Conoscono risposte.. ma quale Gesù conoscono? E quale Gesù gli sto raccontando? Quello della Gregoriana, quello della mia fede o del CCCC (Compendio del Catechismo Chiesa Cattolica)? Poi la situazione sembra sfuggire di mano e l’attenzione, scollinati i venti minuti, avvia a franare precipitosamente. «Giovanni Battista ci ricorda anche un’altra cosa importante – e l’aggiunta, a dire il vero, prende il sapore di una mezza ramanzina – il Battista ci ricorda che per conoscere qualcuno occorre fargli posto, lasciare spazio, mettersi da parte..»

Una volta preti sciorineremo con facilità insegnamenti morali,  genericamente ortodossi – per carità! - , ma con la facilità di chi ha sempre in tasca una risposta? Al pensiero salta il sangue alla testa in un misto di orrore, ma nel frattempo è giunta l’ora della tregua o dei saluti. Una battaglia vittoriosa? O un’armistizio senza vincitori né vinti? Quando si parla di Dio ogni verifica passa, in ultima analisi, attraverso i tempi e le strade dello Spirito. Uscito dall’aula saluto, riordino, recupero sussidi, ma quando mi affaccio per abbassare le serrande e spengere la luce c’è ancora qualcuno. Non era il cloro a suscitare lacrime. Accanto alla ragazzina acqua e sapone, l’amica, dall’aspetto più maturo e l’abbigliamento borghese, è scoppiata in un pianto dirotto. Un bambino di cinque anni era morto. Ne parlava anche la tv. Ed era accaduto a Roma, in qualche quartiere poco lontano. La accoglie in un abbraccio la catechista, ma il dramma la inquieta «…sì, ma aveva solo cinque anni».
Avevo davanti agli occhi entrambe: la ragazzina in lacrime e l’amichetta inquieta. Le avevo guardate distrattamente, senza capire il tormento della loro giovane e pulita sensibilità. Entrambe commosse dal dramma di un bimbo stroncato da una meningite. In silenzio attendo in un angolo finchè per loro non arriva la calma necessaria per salutare e lasciare la parrocchia. Forse la mia era una presenza ingombrante. Non è bello piangere davanti a uno sconosciuto.
«In mezzo a voi sta uno che non conoscete». Le parole di Giovanni adesso acquistano una pesantezza granitica. Altrettanta forza assumono quelle di Isaia, la profezia che Gesù applicò a sé nella sinagoga di Cafarnao: «mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore

Conoscere Gesù chiede tempo e un coinvolgimento che supera la conoscenza acquisita sui libri. Conoscere gli altri chiede tempo e la fatica del fraintendimento. Damien Rice, nell’ultimo album (My Favourite Faded Fantasy, 2014), dopo anni di silenzio e sfortunate vicende personali, ha sfornato da poco una canzone che mette a fuoco il problema. Un pezzo di ampio respiro, che l’amplificazione orchestrale aggancia subito all’emozione. Dice così:

It takes a lot to know a man
It takes a lot to understand
The warrior, the sage
The little boy enraged

It takes a lot to know a woman
A lot to understand what's humming
The honeybee, the sting
The little girl with wings

It takes a lot to give, to ask for help
To be yourself, to know and love what you live with
It takes a lot to breathe, to touch, to feel
The slow reveal of what another body needs

It takes a lot to know a man
A lot to know, to understand
The father and the son
The hunter and the gun

It takes a lot know a woman
A lot to comprehend what's coming
The mother and the child
The muse and the beguiled

It takes a lot to give, to ask for help
To be yourself, to know and love what you live with
It takes a lot to breathe, to touch, to feel
The slow reveal of what another body needs

It takes a lot to give, to ask for help
To be yourself, to know and love what you live with
It takes a lot to breathe, to touch, to feel
The slow reveal of what another body needs

It takes a lot to live, to ask for help
To be yourself, to know and love what you live with
It takes a lot to breathe, to touch, to feel
The slow reveal of what another body needs

What are you so afraid to lose?
What is it you're thinking that will happen if you do?
What are you so afraid to lose?
(You wrote me to tell me you're nervous and you're sorry)
What is it you're thinking that will happen if you do?
(Crying like a baby saying "this thing is killing me")
What are you so afraid to lose?
(You wrote me to tell me you're nervous and you're sorry)
What is it you're thinking that will happen if you do?
(Crying like a baby saying "this thing is killing me")
You wrote me to tell me you're nervous and you're sorry
Crying like a baby saying "this thing is killing me"
Ci vuole tempo per conoscere un uomo
Ci vuole tempo per capire
il guerriero, il saggio
Il ragazzino infuriato

Ci vuole tempo per conoscere una donna
tempo per capire che cosa sta canticchiando
l’ape, il pungiglione
la bambina con le ali

Ci vuole tempo per dare e per chiedere aiuto
Per essere se stessi, per conoscere e amare ciò con cui si vive
Ci vuole tempo per respirare, toccare, sentire
il lento rivelarsi di ciò che occorre ad un altro corpo

Ci vuole tempo per conoscere un uomo
tempo per conoscere, capire
Il padre e il figlio
Il cacciatore e il fucile

Ci vuole tempo per conoscere una donna
tempo per comprendere cosa sta per arrivare
La madre e il bambino
La musa e chi è sedotto

Ci vuole tempo per dare e per chiedere aiuto
Per essere se stessi, per conoscere e amare ciò con cui si vive
Ci vuole tempo per respirare, toccare, sentire
il lento rivelarsi di ciò che occorre ad un altro corpo

Ci vuole tempo per dare e per chiedere aiuto
per essere se stessi, per conoscere e amare ciò con cui si vive
Ci vuole un sacco di respirare, toccare, sentire
il lento rivelarsi di ciò che occorre ad un altro corpo


Ci vuole tempo per dare e per chiedere aiuto
per essere se stessi, per conoscere e amare ciò con cui si vive
Ci vuole un sacco di respirare, toccare, sentire
il lento rivelarsi di ciò che occorre ad un altro corpo

Che cosa hai tanta paura di perdere?
Cosa pensi che ti accadrà se succede?
Che cosa hai tanta paura di perdere?
(Mi hai scritto per dirmi che sei nervoso e che ti dispiace)
Cosa pensi che ti accadrà se succede?
(In lacrime come un bambino che dice “questa cosa mi sta uccidendo”)
Che cosa hai tanta paura di perdere?
Cosa pensi che ti accadrà se succede?
Che cosa hai tanta paura di perdere?
(Mi hai scritto per dirmi che sei nervoso e che ti dispiace)
Cosa pensi che ti accadrà se succede?
 (In lacrime come un bambino che dice “questa cosa mi sta uccidendo”)


È vero. Ci vuole tempo per conoscere gli altri e anche se stessi. C’è un’inquietudine che sale dall’altro o dalle parti remote di noi stessi e che misura l’ignoranza e la distanza dal prossimo quanto quella dalla nostra identità. Gesù frantuma la distanza, entra nel campo dell’oggettività, dell’esperienza. Il Vangelo di questa Domenica, chiude – un po’ a sorpresa, in effetti – sul tema del battesimo. Perché Giovanni battezza? Non bastano le parole? Non basta la voce? Per battezzare “in Spirito Santo”, per conoscere  la Luce abbiamo bisogno dell’oggettività della Sua presenza. È la via che ci libera dai cortocircuiti dei propri pensieri, dalle tentazioni gnostiche che vorrebbero darci la salvezza soltanto attraverso il dominio della conoscenza. Il brano ritagliato dalla liturgia si arresta prima, ma poco più avanti, nel quarto Vangelo, il Battista rivela che colui che viene dopo battezzerà “in Spirito Santo”. È l’incontro oggettivo, “sacramentale” con Dio che introduce gli uomini alla sua piena conoscenza. L’ignoranza che accompagna i nostri giorni deve prima fare i conti con l’inquietudine che rivela il male, con ciò che non è Dio o non è da Dio. Deve fare i conti con la consapevolezza di una purificazione, di un lavaggio di pentimento. L’inquietudine conduce di fronte alla nostra identità, ma poi, piccoli e grandi, semplici e sapienti, abbiamo bisogno di incontrare la vita divina, di fare l’esperienza dell’incontro con Dio.

Tornati alla misura dei bambini, che scalpitano nel riso o esplodono nel pianto, Gesù può prenderci per mano, condurci alla vera sapienza, come il Pedagogo di cui parlava Clemente di Alessandria nella fanciullezza del cristianesimo. «Vagando nella vita come in fitte tenebre abbiamo bisogno di una guida eccellente ed esperta. Guida eccellente, non cieca che, come dice la Scrittura, conduce altri ciechi nel baratro, ma guida dalla vista acuta e capace di scrutare le profondità del cuore è il Logos» (Il Pedagogo, Libro Primo, cap. III). «La più grande di tutte le scienze, a quanto pare – prosegue più avanti Clemente in pieno spirito ellenico – è conoscere se stesso; chi infatti conosce se stesso conoscerà Dio e conoscendo Dio si renderà simile a Lui». L’uomo innestato in Cristo, “con il quale coabita il Logos, non altera il suo aspetto, non si trasforma, ha la forma del Logos, è simile a Dio; è bello, non si adorna. È la vera bellezza, e infatti è Dio» (ibid. Libro Terzo, cap. I). Così Clemente parla della vita divina donata dal battesimo che ci «santifica interamente» - come afferma Paolo nella seconda lettura, e che è la sorgente della gioia che anima questa Domenica (Gaudete! Rallegratevi!). Un sorgente forse dimenticata, forse torrente carsico che fatichiamo a riconoscere o percepire. Ma è presenza reale, che cresce e acquista spessore nella vita sacramentale, attraverso la contemplazione, l’apertura agli altri, la carità – l’altra bellezza degli uomini come afferma Clemente - . Il prefazio di Avvento descrive stupendamente questo dinamismo divino: «Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni tempo, perché lo accogliamo nella fede».

La bellezza che descrive Clemente arriva a noi, in questo tempo di Natale, nella forma di un bambino. Spogliati delle nostre sovrastrutture, come bambini - ragazzini undicenni, dodicenni o forse ancora più piccoli- il Signore ci rigenera con la Sua grazia e ci educa pazientemente: «O grandezza di Dio! O perfezione del fanciullo! Il Figlio è nel Padre e il Padre è nel Figlio. E come non sarà perfetta l’educazione data da quel fanciullo la quale si estende a tutti i fanciulli, educando noi che siamo i suoi fanciulli? Egli tese verso di noi le sue mani le quali sono oggetto della nostra piena fede. A questo bambino rende testimonianza anche Giovanni “il più grande fra i nati di donna”: “Ecco l’agnello di Dio”. La Scrittura chiama “agnelli” i fanciulli di tenerà età; Dio ha chiamato “Agnello di Dio” Figliuolo di Dio, bimbo tenero del Padre, il Verbo fattosi uomo per noi, desideroso di farsi in tutto simile a noi» (Il Pedagogo, Libro Primo, Cap. V).

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