domenica 29 novembre 2020

Veglia solo chi è sveglio


«Priore, io glielo dico: a volte ci credo poco. Ha presente quando vai a letto e ti addormenti subito? Suona la sveglia e neanche ti accorgi di aver dormito per ore?  Forse sarà così anche quando si muore. Solo che la sveglia non suona». 

Lo ascolto, dall’altra parte del bancone, mentre col capo basso fa avanti e indietro tra gli scaffali per agganciarmi il pacchetto giusto di caffè. 

«Vorrà dire che verrò a svegliarla quando saremo tutti e due di là da questo mondo!». Lo saluto così, il mio rivenditore sotto casa di generi alimentari, quasi convinto d’averlo catechizzato bene. Ma ci vuole poco a capire che una risposta così non vale niente.

E invece, quella confessione tra il serio e il faceto mi torna alla mente in questi giorni e la ritrovo nei versi decisamente più seri, di un pezzo che ha proprio il sapore di un’estrema confessione. Il titolo Worm in Heaven / Verme in Paradiso esce dal genio musicale dei Protomartyr, band statunitense esponente di prim’ordine di un post punk militante e raffinato. 

«Ti auguro ogni bene, davvero / Possa tu trovare pace in questo mondo / e quando è finita  / dissolverti senza paura».

Un congedo amaro, reso ancora più inquieto dal videoclip che accompagna questa straniante ballata, girata in un asettico scantinato abitato da un misterioso personaggio in bilico tra la vita e morte. Eloquente e attualissima traduzione dell’isolamento precauzionale e della malattia che diventano limite nella relazione e nell’incontro. E, allo stesso tempo, immagine di una vita ai minimi termini, dove ambigui macchinari prendono spazio nell’umano, innestando il tecnologico nell’organico. Realtà distopica in grado di descrivere i rischi della solitudine e delle conseguenze della paura: «Io sono il verme in Paradiso / Ricordati di me come vivevo / ero spaventato / sempre spaventato».
Una vita in scacco. Il peggiore effetto collaterale della pandemia. 




Così, alla lunga, capita anche a chi vive da stordito o nella paura le proprie giornate. Un tempo "sospeso", articolato in attimi isolati l'uno dall'altro, come i fotogrammi che compongono il video, immagine di uno stadio premorte da cui è impossibile destarsi. Tutta colpa dei ritmi di un meccanismo economico che non aspetta nessuno, oppure di quanto assorbe l’umano e lo consuma dopo averlo ridotto a consumatore? Forse semplice conseguenza di un mondo sempre più complicato e temibile, esigente e generatore di ansia? La tentazione resta quella di rimpiattarsi in casa e sfuggire dalla paura, dalla vita e dalla relazione. 

I exist, I did 
I exist, I did 
I was here, I was
Oh

Never, never, never, never, never, never, never was

Non è proprio quanto ricorda e ripete abbondantemente il Signore in questa prima domenica di Avvento: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento». Un invito a stare svegli che chiede di mantenere gli occhi ben aperti sulla realtà, pronti all’incontro, nella consapevolezza che aldilà della paura, il presente può trasformarmi nel momento giusto e aprirsi a quell’attimo decisivo che se non cogli per tempo perdi per sempre. 

«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento».

Il cristiano non ha bisogno della sveglia. Né può restare prigioniero di una vita addormentata. Il credente veglia. Perché sa che ogni momento, fosse anche il più banale o l’estremo, è sempre aperto alla grazia e all'incontro che può cambiare la vita. La sveglia è già suonata per chi crede, o almeno ci prova, e legge ogni cosa, malattia e paura comprese, nell'orizzonte sconfinato di Dio. 

E tu sei sveglio? O vivi da addormentato?

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