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Tutte le foto sono di
Alfred Stieglitz (1864–1946)
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È facile incappare in situazioni imbarazzanti quando,
sull’autobus o sulla metro, o soltanto camminando per strada, lo sguardo di chi
stai osservando si incrocia con il tuo. La reazione immediata, fulminata con
gli occhi, suona come un rimprovero e un limpido invito a farsi i fatti propri.
Per fortuna esistono anche tipi più timidi che distolgono lo sguardo
immediatamente, volgendosi distratti ad un punto indistinto per terra o in un
angolo. Poi gli occhi si incrociano nuovamente, ma soltanto per controllare che
l’altro abbia finalmente distolto l’attenzione. Altri, con la testa alta e
l’espressione salda sul volto, sembrano non temere niente e nessuno o almeno vogliono
farlo intendere. Altri ancora sono del tutto refrattari ad ogni contatto, persi
tra sé, come gli alcolizzati di strada o certi senza fissa dimora che afferrano
con un guizzo inatteso l’attenzione di chi passa per lanciare strali o messaggi
confusi. Soltanto i bambini sanno rispondere senza problemi ad uno sguardo contemplativo:
scrutano attenti e incuriositi e se poi riconoscono un sorriso con un sorriso
rispondono, si rimpiattano dietro la spalla della mamma o del babbo per
sbirciare subito dopo come in un gioco.
I seminaristi, generalmente, sanno
evitare certi sguardi. Ma a loro, oggi e da preti, capiterà di volgere lo
sguardo in profondità sulle realtà degli uomini. Dal benestante al più misero,
dal più giovane al più anziano, dal corrotto al redento. Misuravamo con G. questo
dato di fatto, entrambi catapultati da contesti diversi e tutto sommato più
omogenei, pensando, tra qualche scambio di battute, alla posizione singolare e
del tutto trasversale del sacerdote nella società.
C’era un «mistero avvolto nel silenzio per secoli» che Dio ha rivelato. La maestosa chiusura della Lettera ai Romani
proposta per quest’ultima domenica di Avvento lo attesta solennemente: il
silenzio è stato rotto e la rivelazione è il Vangelo che annuncia Gesù Cristo. Ci
sono, però, altri e numerosi, anzi, incalcolabili misteri avvolti nel silenzio
per secoli. Sono misteri custoditi da Dio fin dall’eternità che trovano forma e
vita negli uomini di ogni tempo. Misteri che soltanto Dio conosce pienamente,
ma che suggerisce ai contemplativi, agli uomini di fede e lascia intravedere a
quelli di buona volontà. Che poi non si tratti soltanto di una pia divagazione
lo confermano i Vangeli, dove gli incontri e i dialoghi di Gesù sono quasi
sempre avviati dal suo sguardo sugli uomini e sulle situazioni (‘e vedendo’, ‘vide’,
‘lo guardò’, ‘fissatolo’…).
Papa Francesco, invita spesso a coltivare lo
sguardo di chi ama e vede con gli occhi di Dio. È uno sguardo che avvia il
discernimento pastorale ed è appello alla decisione: «la Chiesa ha bisogno di
uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti
all’altro tutte le volte che sia necessario». La città, prosegue il papa nell’esortazione
Evangelii Gaudium, è uno dei luoghi
privilegiati in cui esercitare questo sguardo, perché la città è la cifra di
un’umanità variegata e complessa, diversamente in attesa. «Abbiamo bisogno di
riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo
di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle
sue piazze … Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata».
Anche questa quarta Domenica di Avvento si concentra su uno
sguardo, o meglio, su uno scambio di sguardi: «Entrando da lei, disse: “Rallègrati,
piena di grazia: il Signore è con te”. A queste parole ella fu molto turbata e
si domandava che senso avesse un saluto come questo».
Da uno sguardo inaspettato, sale un’inquietudine. Uno
sguardo interrompe lo scorrere libero dei pensieri e le cose tutt’intorno
acquistano una diversa prospettiva. Sale l’inquietudine e brancola attorno al
richiamo suscitato da un altro. La vita spirituale è continuamente intrecciata
di questi momenti. Scorriamo la Bibbia e d’un tratto il Signore getta
un’occhiata inaspettata su di noi. Preghiamo o ci accostiamo a qualcuno:
pensieri e parole inattese puntano inaspettatamente dritto su di noi. Monta l’inquietudine e
dentro di noi scopriamo un mistero, quello della nostra vocazione. Vocazione
che ci supera ed è la radice più profonda e più vera della nostra identità. Qualcosa
del genere succede al re Davide nel racconto della prima Lettura di questa
Domenica. I suo progetti, per quanto devoti, sono umanamente limitati, ma nascono
anch’essi da un’inquietudine: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre
l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Eppure Dio supera i suoi proponimenti
e li ribalta. Dio è più grande dell’uomo: sarà Lui a dare una casa a Davide, a
compiere il mistero della sua identità la quale non si esaurisce - come per
ognuno di noi – con la sua mera esistenza. « il Signore ti annuncia che farà a
te una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi
padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e
renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio».
Dio vede molto più in là: ci
guarda con gli occhi dell’eterno.
Rainer Maria Rilke,
ripercorrendo il vangelo di questa Domenica, ha costruito sullo scambio di
sguardi tra la Vergine e l’angelo una stupenda poesia. Eccola:
Non perché un angelo entrò (sappilo questo),
si spaventò. Non più di altri quando
un raggio di sole o la luna a notte
va esplorando nella loro stanza
sobbalzano -, così non si stupì
per il sembiante in cui andava un angelo;
immaginava appena come agli angeli
quaggiù il soggiorno sia arduo. (O se sapessimo
come era pura. Non si è mai una cerva,
che giacendo nel bosco la adocchiasse,
perduta in lei, così da generare,
senza contatto col maschio, l’unicorno,
l’animale di luce, l’animale puro -).
Non perché entrò ma perché tanto vicino
accostò su di lei l’angelo un volto
di giovinetto; così che il suo sguardo e quello
che lei sollevò furono un battito
come se fuori tutto, a un tratto, fosse vuoto
e l’affanno di milioni, il guardare, l’andare,
tutto fosse penetrato in loro; solo lei e lui,
lo sguardo e chi è guardato, l’occhio e la sua delizia,
in nessun altro luogo se non qui-: vedi
è questo che sgomenta. E fu sgomento a entrambi.
Poi intonò l’angelo la sua melodia.
(Annunciazione di
Maria, da Vita di Maria, 1912)
Da questo incanto contemplativo sono condotto alle
parole di un inquieto brano musicale dalle singolare qualità contemplative. I Mutual
Benefit, nome dietro al quale si cela un collettivo guidato dal texano Jordan
Lee, ha descritto in musica l’incanto di uno sguardo in un brano dal titolo
sibillino: Advanced Falconry (dall’album
Love’s Crushing Diamond, 2013). Il
testo, in realtà, sembrerebbe tradire, stando almeno alle simpatie di chi lo ha
scritto, riferimenti alla contemplazione orientale. Le parole e la musica,
però, le possiamo prendere così come sono, accompagnate oltretutto, da un
interessante videoclip che ha strane affinità con una vanitas barocca, un’allusione
cioè alla caducità della vita, ma anche al suo superamento. Il video, infatti,
compone e scompone lentamente una foto di famiglia in un giardino autunnale, in
un trascolorare di generazione in generazione, di identità in identità, di
mistero in mistero.
And
oh the way she moves
always
on the run
and
to look into her eyes
will
make a fool of anyone
and
she talks softly
sees
through me
says
something
I
can't hear it
but
I won't forget
the
way she flies
oh
to stare into the void
and
see a friendly face
and
find meaning in a word
in a moment of rare grace..
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e..il modo in cui si muove
sempre in movimento
e guardare nei suoi occhi
manderebbe fuori di testa chiunque
parla delicatamente
vede attraverso me
dice qualcosa
che non riesco a percepire
ma non dimenticherò
il modo in cui si libra
oh…fissare nel vuoto
e scorgere un volto amico
e trovare il senso in una parola
in un raro momento di grazia..
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È un «raro momento di
grazia» anche, anzi, soprattutto quello in cui il Signore accompagna il suo
sguardo ad una parola. Dio manifesta il suo sguardo sulla nostra vita …e poi?
L’inquietudine resta sospesa tra lo stupore e l’attesa di ciò che accadrà. A
cosa rimanda un simile accadimento? Nulla si perde nella mente di Dio. Il
nostro mistero personale, «mistero avvolto nel silenzio per secoli» è oggi compreso
in quello, ormai manifesto di Cristo. L’inquietudine dello sguardo inatteso può
destare interrogativi pressanti sulla propria identità e sulla propria
vocazione. Valga anche per noi, come augurio per l’Avvento e il nuovo anno, la
risposta di Maria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua
parola».