domenica 15 settembre 2013

La vacanza del seminarista

Romanzo di formazione in tre parti.
1. SCENDERE/SALIRE

Il seminarista in vacanza fa lunghe vacanze.

A fine giugno o, al più tardi i primi di luglio, si chiudono le sessioni d’esame. I seminari ed i collegi si svuotano d’un fiato. L’ultimo giorno insieme, appena terminato il desinare, si intravede filare via tra la polvere del cortile l’auto del seminarista medio, ormai proiettato sulle superstrade della libertà.

Il seminarista in vacanza torna a casa con una certa emozione. E’ il reduce, il piccolo bravo ragazzo orgoglio delle nonne. C’è anche, purtroppo, chi a casa non è lieto. Rientra come traditore incompreso, tra l’attesa malcelata che il rientro sia definitivo. Comunque è il momento di sonore dormite o di precipitare di colpo coi piedi per terra. Fuori dall’ecosistema seminario/collegio la vita si inceppa nelle malattie e si ingarbuglia nei disagi quotidiani. Funerali, nascite e matrimoni, in un ritmo serrato che prelude agli appuntamenti quotidiani di un prete.

Il seminarista in vacanza attraversa bel bello le strade della sua cittadina, recupera luoghi e aggiorna percorsi tentando di confondersi con la gente che passa. Va in giro con magliette bizzarre, cimeli di oratori estivi e appuntamenti diocesani, reliquie di giornate mondiali della gioventù latrici di messaggi che inneggiano all’amore e alla pace universale. Ha acquisito ormai quella faccia un po’ così che lo contraddistingue. Se esce a cena spende poco, beve coca media alla spina o chinotto. Ogni camuffamento è ormai inefficace: lo riconosci sgattaiolare in chiesa nella calura estiva; fermo al semaforo il suo rosario oscilla dallo specchietto retrovisore mentre frequenze radio sospette fuoriescono dai finestrini. Quando in utilitaria bianca i seminaristi si aggirano per le strade di paese nei giorni di festa perfino i vigili urbani meno accorti li riconoscono: “Seminaristi? Il parroco vi ha lasciato il posto per la macchina..passate di qui..” 

Il seminarista in vacanza usufruisce di privilegi ecclesiastici tipo il succitato parcheggio riservato. E’ il beniamino delle ottuagenarie e delle madri che avrebbero tanto voluto che un figlio si facesse prete. Colleziona inviti a pranzo da parrocchiani della prima linea e improvvisa accurate visite pastorali nelle parrocchie dei parroci sulla novantina. Si inerpica per i campanili e ispeziona canoniche.

Il seminarista in vacanza elabora buoni propositi mentre è in vacanza per isole e penisola ed usufruisce di privilegi ecclesiastici assortiti anche fuori diocesi. Frequenta concertini e gelaterie, acquista libri che crede di leggere prima del rientro, va in cerca di beni ecclesiastici mobili da esaminare o farsi regalare.

 Il tabaccaio va in vacanza. Anche l’impiegato e il parrucchiere. Ma una mamma va forse in vacanza? Un padre può mandare in ferie la propria paternità? Un seminarista va davvero in vacanza? Dio non va in vacanza. 
William Holman Hunt, L'ombra della morte (1873)
Manchester City Art Gallery, Manchester

Al tempo di Gesù non c’erano vacanze, c’erano solo le feste. Probabilmente solo allora Giuseppe chiudeva bottega (sabato compreso ovviamente). In quei trent’anni di silenzio Dio stava quasi rimpiattato a Nazareth. Forse stava come in vacanza. Dicono che Giuseppe facesse il falegname, un vegliardo Geppetto tutto casa e sinagoga. Il vangeli di Marco e Matteo ci dicono che era figlio del “tekton”, del costruttore: un carpentiere? Un muratore? Gesù, in effetti, aveva un po’ il pallino dell’edilizia, basta pensare all’improvvido costruttore di torri o di case sulla sabbia delle parabole, alla pietra angolare scartata dai costruttori, alla costruzione del tempio e alla conseguente riedificazione in tre giorni.

I suoi detti e le sue parole raccontano l’esperienza dell’uomo nella luce di Dio. Il frutto della contemplazione trentennale nell’osservatorio di Nazareth dove “restava loro sottomesso”. Frequentava la sinagoga assiduamente, ma forse se ne stava da parte senza parlare troppo. Dopo quella volta a 12 anni nel tempio è forse rimasto in silenzio fino al momento stabilito, fino al giorno in cui compaesani niente affatto cordiali tentarono di precipitarlo dal monte. Trent’anni per ri-accogliere in sé la Parola nelle forme e nei generi con cui l’avevano espressa gli uomini.

Gesù dopo trent’anni non saprei dire se scendeva o risaliva all’appuntamento della visibilità pubblica. Se scendeva come quando aveva pregato sul monte o se risaliva dall’abisso dell’umanità minima e disarmante del villaggio in Galilea. Al seminarista in vacanza 6 anni sembrano un’eternità. Forse perché tutti chiedono quanto ancora ti manca all’ordinazione. Ma del seminarista medio, dopo l’anno accademico in collegio, non saprei dire se scende o risale all’appuntamento col mondo.

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